La società moderna è stata profondamente trasformata dal progresso tecnologico portandoci ad essere sempre più digitalizzati ed interconnessi.
In particolare le nuove generazioni, i cosiddetti “Nativi digitali“, sono nate in un mondo in cui la tecnologia è già largamente diffusa e consolidata, portandoli – quasi inevitabilmente – a farne uso sin dalla più tenera età. I videogiochi, ad esempio, non sono altro che l’evoluzione dei giochi tradizionali e, illudendoci di padroneggiare a pieno tali strumenti, non ci preoccupiamo abbastanza delle conseguenze, anche patologiche, che talvolta possono verificarsi. Oggi, infatti, ci si trova di fronte a nuove forme di dipendenza che non coinvolgono più solo l’assunzione di sostanze ma nuovi comportamenti, tra questi vi è proprio la dipendenza da nuove tecnologie (Internet, social e videogiochi).
A tal proposito, la Macquarie University di Sydney ha dato vita ad un nuovo studio che documenta come i giovani più fragili, talvolta, possano precipitare nell’universo videoludico portandoli al rifiuto della scuola, a minacce di autolesionismo e aggressività nei confronti dei familiari.
Come parte dello studio i ricercatori hanno intervistato un campione di 900 studenti delle classi medie in una scuola superiore in un’area socialmente avvantaggiata. Circa 24 di essi rispondevano ai criteri di dipendenza dai videogiochi in internet: 14 maschi e 9 femmine. Secondo Wayne Warburton, docente di psicologia dello sviluppo, che ha guidato lo studio, la probabilità che un adolescente soffra di problemi clinici legati ai videogiochi aumenta con la presenza di alcuni fattori di rischio, fra i quali essere maschi, avere una bassa autostima e sentirsi socialmente isolati. “Nella ‘connessione’ – gli adolescenti – trovano la propria tribù e trascorrono tempo con altre persone” scrive il dott. Warburton, sostenendo quindi che se gli adolescenti che vivono attaccati ai videogame lo fanno perché dà loro qualcosa che manca nella vita reale.
La dipendenza comportamentale può tuttavia essere affrontata puntando sui fattori di rischio: incoraggiare la fiducia in sé stessi e affrontare i problemi di relazione che portano all’isolamento sociale. Il rischio si riduce quando i giovani sono meglio connessi socialmente e hanno un legame più forte con l’ambiente familiare.