Ieri, oggi, domani. Marcare le differenze da Crocetta e andare oltre ai problemi, provando a trovare le soluzioni più efficaci. È questo il ritornello che nella maggioranza che sostiene Musumeci vanno ripetendo.
Un mantra quasi scaramantico, un ritornello di discontinuità a cui affidare anche, se possibile, le speranze di lancio di una campagna elettorale per le politiche, che però oggi ha lasciato il posto a molti buoni propositi e a poche soluzioni.
Per ora vige solo la dura legge dello “scaricabarile”.
Partendo, ad esempio dalla situazione di Sviluppo Italia Sicilia.
Gianfranco Miccichè, in piena campagna elettorale aveva assunto un impegno leale, senza farselo ripetere due volte, nei confronti degli impegni nei confronti dei lavoratori di Sviluppo Italia Sicilia, la partecipata che il governo Crocetta ha deciso di dover liquidare e che la Regione aveva messo dentro l’affollato recinto delle società partecipate, oggi molte delle quali in sofferenza, per aumentare la capacità di attrazione degli investimenti.
Le aspettative dei lavoratori ora sono rivolte dunque all’esecutivo guidato da Nello Musumeci, che nel dossier di riordino delle partecipate, mette anche questa nuova criticità da risolvere.
Fare chiarezza, distinguere i livelli di responsabilità ed evitare possibilmente lo scaribarile. Dopo le vicende che avevano portato i lavoratori fuori dall’orbita dell’utilizzo da parte di Sas (Servizi ausiliari Sicilia), il silenzio regna totale.
Nella fase di transizione tra l’uscita di scena del vecchio governo e l’insediamento del nuovo, dall’assessorato di Via Leopardi facevano sapere che la questione era indirizzata verso una soluzione dopo aver chiarito che il parere chiesto all’Avvocatura dello Stato da parte degli uffici della Regione sull’utilizzo dei lavoratori, riguardava aspetti di carattere più generale.
L’unico fatto certo al momento è che si decise di non inserire i lavoratori di Sviluppo Italia Sicilia nella lista da cui attingere per il loro utilizzo all’interno di Sas.
Una telenovela senza lieto fine, almeno fino a questo momento, quella che riguarda Sviluppo Italia Sicilia, con i lavoratori, ormai licenziati dalla partecipata in liquidazione, che non entrano in Sas, il contenitore individuato dall’assessore all’Economia Baccei per il loro assorbimento dopo la fine dell’esperienza della società acquistata dalla Regione per attrarre investimenti e poi messa da parte.
Un’assunzione, peraltro, a tempo determinato per un anno a 24 ore settimanali poiché la disponibilità è di 2 milioni e 700mila euro. Questa la proposta che i lavoratori della società siciliana non si sentirono di poter accettare.
Gli stessi lavoratori poi avevano presentato un esposto denuncia in cui diffidavano la Regione Siciliana a porre in essere atti indirizzo, atti amministrativi che possano essere pregiudizievoli per i lavoratori in questione e alla Sas di porre in essere un qualsiasi atto di interpello che li escluda chiedendo al contempo al Presidente della Regione di attivare nell’immediato un tavolo con le parti sindacali per sbloccare la vertenza.
I debiti di Sviluppo Italia Sicilia ammontavano a circa 9 milioni di euro a cui ha corrisposto un atteggiamento poco reattivo da parte della Regione negli ultimi due anni, che ha generato uno stallo dal quale la società, acquisita nel 2008 per migliorare la capacità di attrazione di investimenti, non è più uscita.
L’impossibilità rilevata dall’amministrazione regionale inoltre, che ha evidenziato come la società non era in condizione di stare sul mercato, a fronte del quadro generale determinatosi, ha fatto il resto, “bruciando” quel che restava di una storia societaria di mancata riconversione, ma anche di disinteresse politico e di mancata programmazione nel tempo.
Gli ex lavoratori guardano in fiducia al nuovo esecutivo, confidando di poter ripartire quanto meno da un’interlocuzione rinnovata. Ma oggi, all’orizzonte, almeno per il momento, si vede poco o niente.
Un quadro che non rassicura nessuno.