Poco moderni e non sempre coordinati con le altre infrastrutture strategiche. Le problematiche delle linee ferroviarie siciliane da decenni, ormai, sembrano non vedere la luce in fondo al tunnel. Eppure i numeri dicono di come negli ultimi anni i siciliani stiano riscoprendo il “piacere” di viaggiare in treno. L’investimento su mezzi dotati di maggiori confort ha sicuramente teso la mano ai passeggeri ma non colmato l’evidente gap con il resto dell’Italia.
Ogni giorno sono migliaia i pendolari che si spostano, per studio o lavoro, pronti ad affrontare, con una regolare cadenza, disagi e ritardi, aggravati nei giorni neri degli scioperi che “schiaffeggiano” le giornate degli utenti siciliani.
In molti casi non si tratta di problemi di pianificazione bensì di realizzazione delle opere di supporto che rimangono da completare. Come sottolinea il presidente del Comitato pendolari siciliani Giosuè Malaponti “gli accordi di programma quadro o i contratti di programma ci sono sempre stati. Quando si tratta di realizzazione i tempi sono molto lunghi. Un esempio è la Giampilieri-Fiumefreddo di cui se ne parla da oltre 30 anni. Sulla carta sembra che i finanziamenti ci siano ma non traspare la voglia di colmare realmente questo gap infrastrutturale che esiste con il resto d’Italia. Grazie al lavoro svolto negli anni dai comitati siciliani, sulle fasce pendolari si è migliorati tanto. Ma se la gente oggi riscopre il treno è soprattutto merito dei bonus trasporti e a causa del caro carburanti“.
Sono tantissimi gli esempi che evidenziano i deficit che con il tempo non hanno fatto altro che accavallarsi. “Negli ultimi 40 anni – dichiara Malaponti – ci sono stati pochi miglioramenti dal punto di vista di elettrificazione e raddoppi. L’unità d’Italia ci ha lasciato le due dorsali, la tirrenica e la ionica, e la centrale, la Palermo-Catania. Poi in realtà la dorsale tirrenica non è completamente in doppio binario, tenuto conto che da Patti a Castelbuono sono 87 km in semplice binario. L’opera di raddoppio non è prevista nemmeno con i fondi Pnrr. L’accordo di programma quadro dell’ottobre 2001 prevedeva uno stravolgimento delle operare infrastrutturali ferroviaria: il raddoppio della Catania-Siracusa e di Giampilieri-Fiumefreddo, l’ammodernamento e la velocizzazione della Palermo-Trapani e della Siracusa-Ragusa-Gela. Sono trascorsi oltre 20 anni – aggiunge – ma del raddoppio Catania-Siracusa ancora nulla. Si parla dell’interramento che va avanti sempre da 20 anni, del waterfront della stazione di Catania e del tratto Catania-Bicocca, per permettere l’allungamento della pista dell’aeroporto di Fontanarossa“.
Proprio l’incendio dello scorso luglio all’aeroporto di Fontanarossa ha evidenziato un’altra esigenza, precipitata da tempo nel dimenticatoio: i collegamenti degli aeroporti di Birgi e Comiso con le rispettive ferrovie. “Abbiamo sempre chiesto la realizzazione di questi due collegamenti. Fossero esistenti, il caso di Catania e Fontanarossa si sarebbe potuto risolvere con treni speciali o dedicati che avrebbero potuto collegare Catania a Comiso o Catania-Palermo-Trapani“.
La soluzione, almeno in parte, aldilà del vuoto lasciato dalle tratte mancanti e dagli ammodernamenti posticipati negli anni, risiederebbe nei chilometri treno. “Togliere un treno da Palermo per darlo, per esempio, a Ragusa sposta solamente il problema da una parte all’altra. La Regione negli ultimi anni ha fatto un passo avanti per quanto riguarda il rinnovo di quasi tutto il materiale rotabile ferroviario ma oggi occorre acquistare più chilometri. Gli attuali 11 mln, circa, non sono più sufficienti per colmare le richieste dell’utenza, oltre quella pendolare. Per migliorare le corse treno andrebbero aggiunti ulteriori 3 mln“. Tale mossa consentirebbe di “offrire un servizio più capillare con più frequenze. Servirebbe anche per dare un senso al fiume di denaro speso per completare il nodo di Palermo e il nodo di Catania, dove in realtà il servizio metropolitano non è mai partito“.
Visitare l’Isola nella sua interezza è dunque una sfida ardua. Intraprendere un viaggio della Sicilia esclusivamente in treno è una decisione da cuori impavidi. Le reti ferroviarie siciliane non sono certo note per affidabilità e regolarità. Molte località non godono nemmeno di collegamenti diretti. E così percorrere il territorio da Trapani a Messina, da un capo all’altro, significa attraversare circa 300 km in più di 10 ore. Chilometro più chilometro meno, osservando il resto della penisola, Milano-Firenze sono “appena” meno 2 ore: circa un quinto del tempo. Non vanno meglio gli altri collegamenti: da Trapani a Ragusa circa 13 ore, fino a Siracusa circa 12 ore. Il capoluogo siciliano non è da meno. Per collegare le due città più importanti, Palermo e Catania, bisogna prima fare sosta obbligata a Messina. Da monte Pellegrino all’Etna la distanza supera le 5 ore.
Sommando tutti questi percorsi a “handicap” non è un caso se gli ultimi dati disponibili, resi noti da Legambiente, incoronano la Catania-Caltagirone-Gela tra le peggiori 10 linee d’Italia. Secondo il report il prezzo dei biglietti sarebbe aumentato del 10% senza però apportare nessun beneficio. Anzi. Il 26% di corse ha subito ritardi o soppressioni. Esistono poi storie interminabili, ferite che spaccano il territorio i maniera quasi irreversibile. Esempi lampanti sono la linea che collega Palermo a Trapani, con via Milo chiusa dal 2013 a causa di alcuni smottamenti di terreno, o Caltagirone a Gela, chiusa a causa del crollo del Ponte Carbone nel 2011. I fragili collegamenti non sono certamente un bel biglietto da visita per mete gettonate in tutto il mondo come la più volte citata Caltagirone. Il dramma coinvolge così anche i turisti.