Nel 2025, il sistema sanitario siciliano vivrà un cambiamento epocale con l’introduzione di accordi strategici tra il pubblico e il privato, ma anche importanti cambiamenti ai vertici della sanità regionale. Nella giornata di giovedì, infatti, Giovanna Volo ha rassegnato le dimissioni da assessore regionale alla Sanità, con Daniela Faraoni pronta a subentrare al suo posto (CLICCA QUI). Una transizione che arriva in un momento delicato per la sanità dell’Isola, dove le sfide legate alla riduzione delle liste d’attesa e alla sostenibilità del sistema convivono con i timori di una possibile “privatizzazione silenziosa“ del servizio sanitario. La nomina di Faraoni, un profilo tecnico vicino al presidente Renato Schifani, potrebbe rappresentare una nuova fase per il settore, ma resta da vedere come il governo regionale affronterà i rischi e le opportunità legati al rafforzamento del privato nella gestione della sanità pubblica.
Il rafforzamento del privato nel sistema pubblico e i vantaggi per i cittadini
Tradizionalmente, la sanità siciliana è stata dominata dalle strutture pubbliche, con ospedali e cliniche gestiti direttamente dalla Regione e finanziati tramite il Fondo Sanitario Nazionale. Tuttavia, con il crescente aumento delle necessità sanitarie e l’esigenza di ridurre le liste d’attesa, la Regione ha iniziato a coinvolgere sempre di più il settore privato. Nel 2024, la Regione Siciliana ha deciso di investire 515 milioni di euro per potenziare le strutture sanitarie private accreditate. Questo è l’ammontare destinato alle strutture che collaborano con il sistema sanitario pubblico per offrire servizi specialistici e ridurre i tempi di attesa. A prima vista, l’accordo sembra vantaggioso per i cittadini, poiché permette di alleggerire il carico sulle strutture pubbliche, accelerando l’accesso a cure importanti. Sebbene l’ultima legge di bilancio per il 2025 non faccia esplicito riferimento agli accordi con il privato, la Regione sta comunque destinando risorse significative per rafforzare la sostenibilità e l’efficienza del sistema sanitario, inclusi interventi che potrebbero preparare il terreno per future collaborazioni pubblico-private. Tuttavia, dietro l’apparente beneficio, si potrebbe nascondere un rischio di trasformazione del modello sanitario siciliano.
Uno degli aspetti positivi di questa evoluzione è sicuramente il miglioramento nell’accesso alle cure per i cittadini siciliani. L’accordo con le strutture private accreditate dovrebbe portare a una maggiore disponibilità di prestazioni sanitarie, dalle visite specialistiche agli interventi chirurgici, con una diminuzione dei tempi di attesa che ha sempre rappresentato una delle criticità maggiori del sistema sanitario regionale. In questo modo, l’offerta sanitaria diventa più flessibile, permettendo a molti cittadini di ottenere le cure necessarie in tempi più rapidi rispetto al passato. Inoltre, l’integrazione delle strutture private nel sistema sanitario pubblico dovrebbe incentivare una maggiore specializzazione nelle prestazioni, visto che molte strutture private offrono trattamenti di alta complessità che potrebbero non essere facilmente reperibili nel sistema pubblico. Questo può risultare vantaggioso soprattutto per coloro che necessitano di cure molto specifiche.
Il rischio della marginalizzazione del pubblico
La Sicilia, con le sue complessità territoriali e i suoi squilibri tra aree urbane e periferiche, è particolarmente vulnerabile al fenomeno della cosiddetta “privatizzazione silenziosa“. Questo termine descrive un processo graduale in cui, pur senza una privatizzazione formale, le risorse pubbliche vengono progressivamente assorbite dal privato. Il rischio maggiore è che il settore pubblico venga relegato a gestire solo i casi più complessi, costosi o meno redditizi, come la cura delle malattie croniche, oncologiche e delle emergenze. Nel frattempo, le strutture private, grazie ai fondi pubblici, si concentrerebbero su prestazioni più rapide e remunerative, come visite specialistiche e interventi chirurgici. In questo scenario, la sanità pubblica siciliana potrebbe perdere centralità, trasformandosi in un sistema di ultima istanza, meno efficiente e meno accessibile, specialmente per le fasce di popolazione più vulnerabili.
Controllo e regolamentazione: una sfida per la Regione Siciliana
Affinché la sanità pubblica siciliana non venga marginalizzata, è fondamentale che la Regione mantenga un controllo rigoroso sull’utilizzo dei fondi pubblici. La transizione ai vertici della sanità potrebbe essere l’occasione per riflettere su come integrare il privato senza sacrificare i principi fondanti della sanità pubblica universale. La collaborazione con il privato deve essere regolamentata da criteri chiari, che garantiscano il rispetto del principio di universalità e l’accessibilità dei servizi per tutti i cittadini, indipendentemente dal reddito o dalla zona di residenza.
In particolare, occorre evitare che i fondi pubblici siano usati per finanziare un sistema privato che non risponde agli stessi standard di trasparenza e uguaglianza del pubblico. La Regione dovrebbe assicurarsi che il ricorso al privato sia un complemento, non un sostituto, del sistema sanitario pubblico, preservando il ruolo centrale degli ospedali e delle strutture pubbliche nell’offerta di cure. In una Regione caratterizzata da profonde disuguaglianze socio-economiche, un sistema pubblico forte è essenziale per garantire l’universalità delle cure, soprattutto nelle aree interne e periferiche dove le strutture private sono meno presenti. Gli investimenti nella sanità privata possono rappresentare una risorsa utile, ma devono essere gestiti con attenzione per evitare che il pubblico diventi un sistema di ripiego. La vera sfida per la Sicilia non è scegliere tra pubblico e privato, ma trovare un equilibrio che salvaguardi il diritto alla salute per tutti i cittadini, senza compromettere la qualità del sistema sanitario pubblico. La “privatizzazione silenziosa” non è un fenomeno inevitabile, ma un rischio che può essere evitato attraverso una governance responsabile e una visione a lungo termine per la sanità regionale.