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Il centrosinistra siciliano in cerca d’autore

domenica 23 Luglio 2017

Non ci vogliono particolari capacità divinatorie, in realtà era facile immaginare già da tempo quanto sta accadendo in  queste ore in vista delle elezioni regionali del 5 novembre. Diciamolo francamente, la casta politica siciliana è abbastanza scontata nei suoi tristi riti che si ripetono con noiosa sistematicità.

Il ribadito no di Pietro Grasso a correre per la carica di governatore, da considerare ragionevolmente definitivo, sta mettendo a nudo tutte le divisioni e le incoerenze, passate e presenti, esistenti sul fronte del centrosinistra siciliano, nel Pd e tra il Pd e la galassia dei partiti e movimenti alla sua sinistra a loro volta divisi. Adesso – non è un po’ tardi? – si invocano le primarie, strumento residuale spesso usato come un tappeto sotto cui nascondere la polvere, cioè la mancanza di idee, unità, nomi spendibili e credibilità. In ogni caso, sia le primarie che la ricandidatura di Rosario Crocetta sono state poste nel freezer nell’ultima direzione dem.

Divisioni nel centrosinistra, lo capirebbe pure un bambino, che aprono ovviamente ampi spazi al candidato del Movimento 5Stelle, Giancarlo Cancelleri, ma anche a destra a patto che lì si concentrino sull’unico nome forte finora sulla scena, sempre che il proporlo da parte di Gianfranco Miccichè non è solo tattica e tutta Forza Italia e i suoi alleati mostreranno finalmente di accettarlo, quello di Nello Musumeci.

Al “Centro” le acque sono piuttosto agitate nell’eterno oscillare tra le due rive, tra chi vorrebbe continuare “a sinistra”, con l’ormai stucchevole postilla della discontinuità con l’esperienza crocettiana, avanzando proprie candidature come quella di Ganpiero D’Alia, e chi, vedi Angelino Alfano, vorrebbe riabbracciare a Roma Silvio Berlusconi nonostante conservi in Sicilia, in un governo di centrosinistra, un proprio assessore. Il cosiddetto “modello Palermo” proposto da Leoluca Orlando, l’unico progetto che avrebbe potuto offrire elementi di novità e di cui i notabili del Pd parlano sempre meno, poggia sulla creazione di un campo largo, altro che frantumazione e, pertanto, appare destinato a naufragare salvo un’improbabile assunzione generale di responsabilità.

Il nome del capo squadra, liberi dallo stress del personaggio “superman”, si sarebbe potuto tranquillamente trovare cercando una personalità competente e, soprattutto, non segnato da precedenti esperienze con i governi che si sono succeduti a Palazzo d’Orleans, deludenti nella migliore delle ipotesi, da Cuffaro, passando per Lombardo, a Crocetta. Sennò che razza di discontinuità sarebbe. A proposito di Crocetta risulta piuttosto evidente che il gran rifiuto di Grasso avrebbe alimentato la sua intenzione di ricandidarsi, del resto lo dice a chiare lettere da ben due anni, con un insieme di motivazioni che se non fossero state elencate in conferenza stampa direttamente da lui poteva sembrare un “pesce d’aprile” a luglio ad opera di qualche buontempone: “abbiamo salvato la Sicilia”, “non c’è settore che non vada bene”, “abbiamo i conti a posto”, “abbiamo diminuito la disoccupazione” e altre affermazioni del genere purtroppo sfacciatamente smentite dai fatti.

Scommettiamo che ci saranno dirigenti del Pd disponibili ad appoggiarlo? Vedremo presto. Su un punto Crocetta, però, ha ragione. Perché tutti coloro che si affannano a contestare un giorno sì e un giorno pure i suoi quattro governi, conditi con una cinquantina di assessori, non hanno staccato la spina prima invece di bocciare le mozioni di sfiducia a suo tempo presentate all’Ars? Perché sono ancora seduti comodamente sulle poltrone di governo e di sottogoverno? Tali domande finora non hanno ottenuto risposta e il motivo è uno e uno solo: una risposta sincera, che non sia in puro politichese, non la si vuole dare.

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