Il gap tra Nord e Sud continua a essere sempre più allarmante, questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto Demoskopika che rivela, appunto, un significativo aumento del divario economico e sociale, con una differenza reddituale che ha raggiunto quasi i 17.000 euro.
Nonostante i segnali di crescita economica nel Mezzogiorno, il divario in termini di reddito, sanità, speranza di vita e povertà rimane un ostacolo rilevante. La pandemia e la crisi ucraina hanno sicuramente accentuato questa grande disuguaglianza, sebbene tutte le aree del paese abbiano subito delle perdite, in realtà il nostro territorio è quello che è stato colpito in modo più duro.
Nonostante si siano registrati miglioramenti nel mercato del lavoro, il tasso di occupazione nel nord è del 69,4% rispetto al 48,2% del sud, mentre la disoccupazione è del 4,6% nel nord contro il 14% del Mezzogiorno. “Se non affrontato con urgenza il divario rischia di trasformarsi in una frattura che farà crollare le fondamenta economiche e sociali dell’Italia, ampliando ulteriormente le disuguaglianze”.
La speranza di vita nel Mezzogiorno è inferiore di 1,6 anni rispetto al nord, un divario aumentato rispetto ai 1,1 anni del 2013. Nel settore sanitario, la qualità e gli investimenti sono maggiori nel nord, con un divario che è passato da 57,2 punti nel 2017 a 68,3 punti nel 2022.
Il Pil pro-capite nel nord è aumentato da 32.919 euro nel 2013 a 36.904 euro nel 2023, mentre nel sud è cresciuto da 17.980 euro a 19.821 euro, ampliando il divario a 17.083 euro. Inoltre, nel 2023, quasi 4 milioni di persone in più sono a rischio di povertà nel Mezzogiorno rispetto al nord, con 6,7 milioni di persone al sud a fronte dei poco più di 2,7 milioni al nord. In Sicilia in totale il 27% delle famiglie vive in condizioni di povertà, una condizione strettamente legata a modelli di consumo non necessariamente corrispondenti ai livelli di reddito, ma si parla di una condizione legata alla crisi economica, al precariato e alle scarse risorse per il welfare.
In tutti i settori e su tutti i fronti, quindi, imprese, lavoratori e giovani hanno affrontato e stanno affrontando oggi la crisi. Solo qualche mese fa era stata la Cgil a dare l’allarme, facendo una stima di circa 250 mila lavoratori sotto la soglia di povertà. Si tratta di persone che pur avendo un’occupazione non riescono a far fronte ai “bisogni” di prima necessità e di conseguenza a quelle delle proprie famiglie. La stima è della Cgil Sicilia che, in una nota, sottolinea che “a determinare questa si situazione si incrociano più fattori: la precarietà, l’utilizzo di contratti non standard, il part time involontario, la non continuità lavorativa, il mancato rinnovo dei contratti nazionali, la bassa offerta di lavoro”.
Anche l’Istat, nel rapporto annuale 2024, ha certificato quanto sia vulnerabile la condizione dei lavoratori in Sicilia, proprio a causa di dinamiche dei prezzi che hanno eroso il potere d’acquisto delle retribuzioni, sceso del 4,5%, con la povertà assoluta a livelli mai toccati da 10 anni.
“In più la Sicilia– osserva il segretario generale della Cgil regionale, Alfio Mannino – non cresce neanche il termini di Pil. Segnaliamo da anni il problema che non solo manca il lavoro qui, con quote di disoccupazione soprattutto giovanile e femminile altissime ma quello che c’è è lavoro povero, precario, sfruttato e insicuro, con 16 morti sul lavoro solo quest’anno. Sintetizza Mannino: “Se si è licenziati ingiustamente deve essere garantito il diritto al reintegro, vogliamo innalzare le tutele contro i licenziamenti illegittimi anche per chi opera nelle piccole imprese, i contratti a termine devono rispondere a causali specifiche e temporanee, nel sistema degli appalti occorre affermare la responsabilità solidale del committente”.
Sul fronte della ricchezza, il biennio 2022-2023, invece, è stato il “più nero del decennio”. Il prodotto interno lordo pro-capite nel nord, stando allo studio, “è aumentato da 32.919 euro nel 2013 a 36.904 euro nel 2023, mentre nel Mezzogiorno è passato da 17.980 euro a 19.821 euro nello stesso periodo. Il divario è aumentato, dunque, a 17.083 euro nel 2023, mostrando un ampliamento delle differenze economiche. Il numero indice è passato da 87,4 del 2013 a 100,0 punti del 2023, confermando lo stesso scenario dell’anno precedente”. Questo dato riflette di conseguenza una maggiore capacità di generare ricchezza nel nord rispetto al sul. Per ridurre questo divario, sottolinea Demoskopika, “potrebbero essere utili politiche di sviluppo economico mirate, come l’attrazione di investimenti e il supporto all’imprenditorialità nel Mezzogiorno”.
I numeri sono sempre negativi anche quando si parla di sanità, in Italia sono 1,6 milioni le famiglie in povertà sanitaria, circa il 6% in totale. Di questi numeri 700 mila abitano al sud, il 6,3% in Sicilia. Si tratta chiaramente di dati che vanno di pari passo con una spesa che si è notevolmente ridotta a livello italiano per la Salute del 2% dal 2010 al 2022. Cosa assolutamente opposta agli altri stati dove la spesa sanitaria pro capite è nettamente aumentata e questo implica di conseguenza un maggiore uso delle strutture private. In Italia, nel 2022 la spesa sanitaria complessiva è del 24,1% e la Sicilia, con 31 euro pro capite e 2.091 euro, è sotto la media nazionale pari a 41 euro a persona. Lo stesso assessorato Regionale alle Politiche sociali ha finanziato 76 milioni con il fondo povertà, destinati ai distretti socio-sanitari per l’implementazione dell’assegno di inclusione. Fondi che il ministero del Lavoro ha destinato alla Sicilia per il Piano di attuazione locale (Pal) per l’anno 2022, modello messo a disposizione per agevolare la programmazione degli interventi di competenza dei servizi sociali dei Comuni e degli ambiti territoriali.
Delle risorse, per quanto detto dall’assessore Nuccia Albano, che sono aumentate rispetto all’anno precedente e che contribuiscono non solo al rafforzamento del servizio sociale professionale, ma anche all’erogazione di ulteriori prestazioni. Inoltre, nell’elaborazione dello schema del Pal 2022, il dipartimento ha semplificato le procedure per agevolare la pianificazione e l’uso dei fondi. L’assessorato, attraverso il dipartimento regionale per la famiglia e le politiche sociali, supporterà i distretti nella fase di programmazione e valuterà la coerenza dei Pal rispetto al Piano regionale per la lotta alla povertà 2021-2023.
I numeri, dunque, sono drammatici e non si può di certo parlare di benessere, che sembra ancora essere molto lontano in Sicilia.