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L'analisi

Il matrimonio d’interesse del Pd nella terra dei gattopardi con il fiato corto

giovedì 27 Giugno 2024
Anthony Barbagallo

La calma piatta e normalizzatrice che non agita le acque interne del Pd, ma anzi rende ogni cosa placida e scorrevole al termine della conta sui territori tra Europee ed Amministrative, rischia di trasformarsi, in un futuro difficile da fissare nel breve e medio termine, in uno tsunami che può mandare ogni cosa fuori controllo.

Lo scenario non è apocalittico anche perché, in fondo, a tutti, dopo la volata per Strasburgo, serve un tempo lungo per riorganizzare le fila. Al centrodestra che dovrà consolidare il baricentro, ma soprattutto al gruppo antagonista di cui  i “democrat” sono l’ossatura principale.

La leadership di Anthony Barbagallo, per cominciare, è stabile e consolidata e l’ex assessore regionale al Turismo di Crocetta, pur non potendosi definire uno che sa farsi “concavo e convesso” è dotato della pazienza necessaria per attraversare tempi anche lunghi come quelli che si profilano per una potenziale resa dei conti.

In realtà a preoccupare maggiormente non è tanto il fronte interno, anche in considerazione dell’elezione di Giuseppe Lupo che dovrebbe smussare eventuali fibrillazioni di lungo corso, quanto l’imbarcata di coalizione con M5s e Sud chiama Nord. A mettere a dura prova la potenzialità dell’intesa non è tanto il risultato di alcuni comuni, come Caltanissetta a cui teneva molto Nuccio Di Paola, leader in Sicilia del movimento di Giuseppe Conte, quanto la scaletta delle priorità da mettere in fila da qui ai prossimi due anni.

La Sicilia dei ballottaggi non ha replicato fedelmente la fotografia del 6-0 che brucia a Giorgia Meloni, ma soprattutto ha reso chiara quella linea di personalismi e convenienze contingenti che già due anni fa mandò in frantumi l’allegra brigata di compagnoni che in Sicilia non è mai stata “una gioiosa macchina da guerra”.

Il Partito Democratico veleggia con una traiettoria di giornata che potrebbe non pagare quando si andrà all’incasso nel campo largo e proprio la percezione di essere minoranza nel territorio della regione dovrebbe spingere i “dem” a uno scatto d’orgoglio significativo. A partire dalla rivendicazione del posto guida.

La linea “tutta chiacchere e distintivo” dei grillini in Sicilia potrebbe anche non essere un problema per i dem, rotti a mille bufere e intermittenti e sempre abili a ricompattarsi nel momento del bisogno. Merita già più attenzione, per esempio, il ruolo di Cateno De Luca e delle sue truppe irrequiete, rispetto alla narrazione che sin da sala d’Ercole, con un cantiere di leggi profondamente ingolfato, va messa in campo; è inoltre chiaro che il filo diretto che lega Nuccio Di Paola a Giuseppe Conte, rendendo marginale tutto il resto tra i grillini di Sicilia, potrebbe tradursi in una importante “nomination” per il nisseno che ha riempito senza grandi difficoltà il vuoto lasciato da Giancarlo Cancelleri, uno che, piaccia o no, si era mostrato un elemento di aggregazione di rilievo.

Su questo Barbagallo ha idee molto più chiare di quanto non sia oggi intenzionato a rivelare, anticipando mosse e strategie, anche in considerazione del fatto che la battaglia di logoramento dei prossimi trenta mesi non vale solo per chi governa.

E così vivranno tutti, non felici e non contenti, ma prontissimi a ricordare al mondo intero che in questo mondo di politici ‘fai da te’, c’è chi sta molto peggio di loro.

 

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