“In silenzio e con discrezione” il neo presidente del Palermo, Paul Baccaglini, dice di star lavorando per preparare una squadra “forte e competitiva”. Aggiunge anche che ci sarebbero “avvocati, banchieri e tecnici” all’opera per predisporre quei piani aziendali necessari al rilancio della società di Viale del Fante.
Rassicurazioni opportune, oseremmo dire scontate. Dichiarazioni rilasciate al solo scopo di placare il diffuso malcontento dei tifosi, che in queste ultime partite hanno visto una squadra allo sbando, senza guida né mordente. Peccato però che il comunicato del giovane e inesperto neopresidente rosanero non dica niente di quello che invece tifosi, giornalisti e analisti sportivi vorrebbero sentirsi dire. E cioè: quali sono i termini del passaggio societario che, a detta di mister Baccaglini, dovrebbe concludersi entro il 30 aprile? E quali gli investimenti previsti per la ricostruzione della squadra? E ancora: per quale ragione la società ha mollato fin da subito giocatori e tecnici, quando già dopo le prime partite si era capito di avere a che fare con una rosa inadeguata a un campionato di serie A?
In effetti, a quest’ultima domanda dovrebbe dare una risposta Zamparini. Ma su questo punto il “patron” è sempre stato fin troppo esplicito: la società è mia e non ammetto interferenze.
Il punto è proprio questo. Caro presidente Zamparini, il “Palermo Calcio”, inteso come bene comune, non è un suo feudo personale ma è di tutti i palermitani. Una squadra che rappresenta una città di quasi 700mila abitanti non può essere considerata proprietà esclusiva di qualcuno (se si eccettua, naturalmente, l’aspetto strettamente societario), ma è un brand che riguarda tutti e che non può essere svilito né mortificato.
In questi anni Zamparini ha dato molto, ma ha anche preso molto. E’ stato amato dai palermitani (ricordiamoci degli striscioni “Zamparini Sindaco“), è stato apprezzato il suo impegno nella ricerca di giovani talenti che al momento della cessione hanno rimpinguato di tanti milioni le casse rosanero. E’ piaciuta la sua schiettezza nel parlare senza mandarle a dire ad una “burocrazia” del pallone baricentrica tra Milano, Torino e Roma. Fin qui, tifosi e tutti sono stati al fianco del loro presidente. Poi, negli ultimi anni la svolta. Una retrocessione, potremmo dire, pilotata. Ultimi campionati sofferti, fino a quello dello scorso anno con la salvezza arrivata in zona Cesarini. Prendersela oggi con i giocatori ci sembra davvero ingeneroso. Che molti di loro non avessero le qualità tecniche per militare in una compagine di serie A, lo si era capito subito.
E allora, mister Baccaglini, di che cosa li vuoi accusare? Di non essere dei campioni? Li manderai quasi tutti a casa? Vabbè, francamente, come tifosi ce ne faremo una ragione. E visto che, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, far pagare ai giocatori precise scelte decise altrove ci sembra davvero troppo. Insomma, cerchiamo allora di non perdere la faccia. E non solo in campo.