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Il procuratore De Lucia: “Taormina nel mirino delle mafie dell’Est Europa”

giovedì 18 Giugno 2020
il procuratore Maurizio De Lucia

“Si è sempre parlato della provincia di Messina come una provincia “babba” dove le cose non avvenivano o avevano scarsa importanza. Questo è un luogo comune da sfatare, non è assolutamente cosi. Gli interessi economici, in gioco in questo territorio sono di primo livello. Forse non tutti conoscono Messina ma nel mondo tutti conoscono Taormina”.

Lo ha dichiarato il procuratore capo di Messina Maurizio De Lucia, ascoltato in audizione davanti alla Commissione nazionale antimafia, accompagnato anche dal suo aggiunto Vito Di Giorgio e dal sostituto della Dda Fabrizio Monaco. De Lucia ha riferito per un’ora, nel corso della quale il magistrato ha fornito un quadro dettagliato dell’emergenza mafiosa a Messina e nella sua provincia, evidenziando il pericolo concernente pressanti e crescenti interessi dediti a movimentare capitali illeciti di denaro in alcune aree della Sicilia ed in particolare a Taormina.

Le organizzazioni della provincia di Messina vengono ritenute presenti e in prospettiva, potenzialmente, ancora più incisive su un duplice fronte, con le attività “tradizionali” e in relazione all’immissione di capitali freschi e “sporchi” dopo l’emergenza del Coronavirus.

“L’impatto dell’industria turistica nel messinese fa sì che la popolazione dei 108 comuni della provincia di Messina salga da 500 mila a 900 mila unità in un lungo periodo dell’anno. I servizi che vengono quindi richiesti, compreso quello di giustizia, al momento sono sottodimensionati rispetto ad una realtà che meriterebbe un’attenzione molto più importante da parte di tutte le Istituzioni”.

De Lucia ha evidenziato le principali emergenze sulle “3 barra 4 aree criminali” che caratterizzano il territorio siciliano: quella Barcellonese sul “modello di Palermo”; quella dei Nebrodi, che sono “un paradiso in terra”, un territorio “splendido dal punto di vista paesaggistico e agroalimentare”, dove i mafiosi hanno deciso di investire con una “spartizione ragionata”, lucrando sui contributi europei per l’agricoltura; quello ionico, incastonato tra Taormina e le altri località turistiche come Letojanni e Giardini Naxos, dove c’è la presenza ultimamente di “nuclei preoccupanti” di criminalità mafiosa, oltre alla tradizionale “invasione” delle famiglie catanesi. Poi c’è Messina, “con la famiglia dei Romeo legata ai Santapaola”, una famiglia addirittura sovraordinata ai gruppi criminali peloritani, che è emersa in tutta la sua pervasività con la fondamentale operazione “Beta”.

“A Taormina – ha riferito alla commissione De Lucia – ci sono alberghi di primissimo livello mondiale e ci sono interessi rispetto ai quali sono in corso delle indagini su capitali che non capiamo bene da dove vengono ma ragionevolmente vengono dall’estero. Si tratti di capitali che stanno affluendo verso quelle aree e Taormina e quell’area rischia di diventare zona di riciclaggio per organizzazioni mafiose dell’Est Europa. Qualcosa in tal senso è già emerso. Il rischio esisteva già prima e la crisi economica rende altissima la possibilità di investimenti di origine occulta in un territorio a vocazione turistica la cui vocazione deve, invece, essere alimentata per spezzare il circuito del denaro sporco che si pulisce e per sviluppare l’esatto contrario, ovvero forme e occasioni di qualità di lavoro in una terra che ne ha grande bisogno”.

Secondo De Lucia il territorio messinese è “prigioniero” di organizzazioni mafiose molto penetranti sui due versanti, quello tirrenico-nebroideo e l’altro ionico. E con una “borghesia mafiosa” molto attenta a sfruttare le occasioni che si presentano.

Il procuratore De Lucia ha anche riferito sull’attentato all’ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci: “L’ufficio che io dirigo ha svolto un’attività investigativa di oltre 2 anni, fatta utilizzando il contributo dei reparti migliori dell’Arma dei Carabinieri, i Ros, e dei reparti migliori della Polizia di Stato, non soltanto il Servizio centrale operativo ma anche il Gabinetto centrale di Polizia scientifica, che ha utilizzato uno strumento innovativo, il “teatro virtuale” che consente la ricostruzione in 3D della scena del crimine, per cui sono state profuse significative energie per ricostruire la dinamica dell’attentato ma anche per individuare i reali autori. Non sempre si riesce ad individuare il colpevole e ogni volta che ciò avviene il Pm fallisce. Noi quello che affermiamo e continuiamo a dire è che quella completezza di indagini certamente non consente di dire che quell’attentato non c’è stato. E non c’è nessun elemento che consente, invece, di dire il contrario e cioè che quell’attentato non ci sia stato”.

Il magistrato, parlando degli investigatori con cui lavora, ha comunque inteso rivelare che “la qualità dei vertici delle forze dell’ordine in questo momento a Messina è altissima“: “Ma la macchina della giustizia a Messina non cammina perché il numero di magistrati presenti in servizio è insufficiente rispetto alle esigenze che quella città ha. Se guardiamo al progetto di rinnovo delle piante organiche della magistratura sono previsti 600 nuovi magistrati ma di questi, per quanto riguarda il distretto della Corte d’Appello di Messina ne vede 5 e per la Città Metropolitana di Messina ed il giudice che deve giudicare i processi di mafia a Messina e la Procura distrettuale Antimafia di Messina non è previsto alcun incremento di personale. Senza usare strumenti nuovi di mezzi e di uomini è assai difficile migliorare la condizione del territorio, che per altro ha potenzialità straordinarie e dove si sono radicate a suo tempo le prime colonie greche”.

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