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Il sangue, i riti, le minacce: così la mafia nigeriana controllava Ballarò

giovedì 4 Aprile 2019

Un massacro a suon di musica che culminava con un brindisi con una coppa di sangue. I nuovi affiliati erano costretti a subire questo e altro ancora per giurare fedeltà al clan “Eiye”, una cellula della mafia nigeriana che oggi, 4 aprile, è stata colpita al cuore dagli uomini della Squadra mobile di Palermo.

Nell’operazione “No fly zone” sono state arrestate 13 persone che avevano preso il controllo del business nel popolare quartiere di Ballarò. A dare la stura all’inchiesta, due pentiti che facevano parte dell’organizzazione.

 “Ingoia, ingoia, ingoia, apri gli occhi, quanti ne vedi, quante dita vedi…”. Il dialogo è estrapolato da una parte delle intercettazioni ambientali fatte dalla polizia. In sottofondo, il rumore sordo delle botte con cui i futuri affiliati venivano costretti a bere il sangue. Rumori inequivocabili accompagnati da canti sacri e musica.

“Giuro di sostenere Eiye confraternita moralmente e spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio che il ‘volture’ (l’avvoltoio, ndr) spietato mi strappi gli occhi. Se non rispetto il mio ibaka, rugged per l’eternità'”. 

Tradire equivale a morire, vivere vuol dire obbedire: una sola legge, un solo scopo. Questo, il giuramento finale che poneva fine al pestaggio e alle torture prima di essere accolto nell’organizzazione.

Le indagini, partite dalla denuncia di una ragazza vittima della tratta e della prostituzione, ha permesso alla Squadra mobile di scoprire una casa d’appuntamenti a Ballarò e da lì è stata in grado di ricostruire il ruolo svolto da ciascun appartenente all’interno dell’organizzazione criminale.

 

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