Lo scippo renziano di Dafne Musolino spiazza Cateno De Luca e apre adesso una riflessione sulle prospettive di Sud chiama Nord. L’addio della senatrice che ha preferito aderire a Italia Viva è un altro duro colpo alle strategie del movimento deluchiano che a Roma e a Palermo fa i conti con una sequenza sempre più lunga di addii ed il rischio di un vero e proprio “effetto domino”.
E’ il segnale di un’insofferenza contro il leader che ha portato alcuni ad intraprendere percorsi differenti o ha ragione De Luca quando afferma che si tratta di “dinamiche di una politica fatta di compravendita, che è sempre esistita nei parlamenti di tutte le epoche”?
Nell’ultimo anno De Luca ha conteso la presidenza della Regione al centrodestra ha trionfato poi alle elezioni Comunali di Taormina, eppure nel momento dell’apice di una crescita che ha portato il suo movimento al 25% in Sicilia e il suo consenso addirittura al 65% nella più recente tornata di voto taorminese, diversi alleati e fedelissimi sbattono la porta e se ne vanno.
Nei mesi scorsi erano arrivate le prime voci di addio proprio da parte della Musolino, prima smentite e invece adesso confermate, e la fuoruscita dell’ormai ex fedelissima di De Luca arriva al tramonto di un’estate in cui c’era stato un momento di turbolenza pure con l’altro parlamentare eletto nella capitale da Sud chiama Nord, Francesco Gallo. De Luca si era reso autore di una diretta social dai toni forti, nella quale simulava un attacco al coordinatore regionale del movimento, Danilo Lo Giudice, ma in realtà non era a lui che si riferiva ed il suo era un richiamo proprio a Gallo, suo rappresentante alla Camera, con il quale c’era stata una fase di tensione.
Oggi De Luca ha ha fatto sapere di aver ricevuto ampie rassicurazioni da Gallo sulla sua permanenza in Sud chiama Nord, ma ha poi aggiunto: “A questo punto se ci vogliono rompere le gambe allora prendono anche Francesco Gallo e gli promettono non so cosa. Vediamo se vogliono darci il colpo finale”.
Anche a Palermo De Luca ha incassato l’avvenuto “voltafaccia” di un parlamentare e rischia la possibile perdita di un secondo rappresentante all’Ars. Nelle scorse settimane c’è stato il passaggio alla Lega di Salvini di Salvo Geraci, il sindaco di Cerda che adesso è nella bufera, dovrà chiarire la sua posizione e rischia la decadenza da componente della commissione Antimafia all’Ars per una presunta pressione fatta al comandante della polizia municipale del suo paese, che sarebbe avvenuta per far passare la processione sotto casa di un boss.
E’ oggetto poi di una guerra a suon di ricorsi e contro-ricorsi un altro seggio deluchiano all’Ars, quello scattato nella lista “De Luca Sindaco di Sicilia- Sud chiama Nord” nella circoscrizione di Catania alla Regionali 2022 in favore di Davide Vasta, attuale sindaco di Riposto. Nei confronti di Vasta c’è stato un ricorso del primo dei non eletti Salvo Giuffrida e nei confronti di entrambi ha fatto ricorso l’avv. Santo Primavera, candidato nella stessa lista che ne contesta “la ineleggibilità e/o incandidabilità in nuce”. A Vasta è stato contestato il ruolo di amministratore di una società che avrebbe avuto rapporti con la Regione, il Tribunale di Palermo lo ha dichiarato ineleggibile ma la sentenza non è immediatamente esecutiva visto il ricorso subito proposto dal deputato ripostese. Giuffrida, a sua volta, è finito nel mirino di Primavera: il legale giarrese gli ha contestato la posizione di dirigente della Regione Siciliana. In tutta questa intricata matassa la posizione di Vasta diventa strategica perché se dovesse saltare la sua permanenza all’Ars, a quel punto “Sud chiama Nord” si troverebbe a fare i conti con il rischio di perdere il seggio, sia nel caso dovesse spuntarla Giuffrida, sia se dovesse prevalere Primavera.
Senza dimenticare che nel 2022 c’era stata pure l’uscita da Sud chiama Nord di Carlotta Previti, che anche lei – insieme a Musolino – era stata in Giunta a Messina con De Luca (di cui era stata vicesindaco) e ha scelto di aderire a Fratelli d’Italia.
Altre voci, per altro, vedono aleggiare sul gruppo parlamentare deluchiano ulteriori tentativi di “scippi” e “pugnalate” e De Luca non fa mistero di un momento non semplice da gestire e che arriva in piena campagna elettorale per le suppletive di Monza del 22 e 23 ottobre, in cui il sindaco di Taormina corre per il seggio lasciato vuoto al Senato dal defunto Silvio Berlusconi.
De Luca alza l’asticella delle sue sfide ma in questo stesso frangente incassa separazioni traumatiche e partenze improvvise verso altri lidi nella fase in cui punta a sdoganare il partito su uno scenario nazionale e poi verso l’appuntamento con le Europee del 2024. E allora il bivio è tra un eventuale cambio di strategia o la decisione di tirare dritto per la propria strada e andare avanti comunque. De Luca ha già fatto la sua scelta: “Piuttosto che cedere ai ricatti dei partiti torno a zappare la terra”.
Chissà che, in fondo, non abbia ragione chi sostiene che le insofferenze nei confronti del leader potrebbero essere riconducibili non solo al forte temperamento di De Luca ma (anche) ad un motivo assai più semplice: ovvero il meccanismo di autofinanziamento della compagine deluchiana che chiama i vari parlamentari a fare ciascuno la propria parte e a contribuire alle spese per tenere in equilibrio i conti del partito, in particolare attraverso una parte del compenso spettante ai parlamentari. Un patto che ad alcuni va bene e ad altri, a quanto pare, sta decisamente stretto.