L’inchiesta di Trapani sull’armatore Morace, al netto degli aspetti giudiziari che saranno dibattuti nelle giuste sedi, solleva un tema ancora irrisolto in Italia: quello del rapporto tra imprenditori e politici.
È ipocrita non considerare fisiologico che vi siano contatti e relazioni tra portatori di interessi ed esponenti politici, e non c’è da meravigliarsi se un politico intraprende una iniziativa parlamentare per difendere gli interessi di una azienda, sempre che tali interessi non confliggano con quelli della collettività. Ma tutto deve essere fatto alla luce del sole.
Le democrazie avanzate, prima tra tutte quella americana, nel loro pragmatismo, da sempre hanno riconosciuto la legittimità delle attività di pressione sui “decisori”, parlamentari, uomini di governo, per la tutela degli interessi di aziende, enti, gruppi sociali, e le hanno regolamentate per legge. Quella del lobbista, ossia di colui che agisce con pressioni a tutela degli interessi dei propri clienti, è una professione riconosciuta e regolamentata per legge.
In Italia c’è da sempre, invece, una grande resistenza ad affrontare il tema in maniera seria.
Un primo timido tentativo lo ha fatto nell’aprile 2016 la Giunta per il Regolamento della Camera, che ha approvato la regolamentazione della “attività di rappresentanza di interessi”, cioè delle lobbies, svolta all’interno delle sedi della Camera. È stato istituito, tra l’altro un Registro di tutti coloro che svolgono questa attività, al quale fino ad oggi risultano iscritti circa 600 soggetti.
Ma il disegno di legge che avrebbe dovuto dotare l’Italia di una norma quadro nazionale sul lobbying è attualmente bloccato in commissione Affari Costituzionali del Senato. Il primo tentativo di regolamentazione risale addirittura al 1976 (40 anni fa) e da allora si sono succeduti oltre 50 progetti di legge abortiti.
La resistenza principale è della politica, perché forse non ha interesse a che vengano regolamentate le relazioni con i portatori di interessi, mentre i lobbisti sono favorevoli alla trasparenza.
Ma è arrivato il momento di uscire dall’ipocrisia: le scelte politico-amministrative non sono completamente immuni dal contatto e dalla mediazione con l’interesse privato. In un sistema democratico maturo si deve fare in modo da rendere questi rapporti tracciabili e trasparenti.
Questo è il motivo per il quale è urgente una legge per la regolazione normativa del fenomeno.