Secondo i dati diffusi dall’Inps e relativi a dicembre 2022, il reddito viene erogato a un milione e 45 mila famiglie per un totale di 2 milioni e 350 mila persone. Si tratta di circa 200 mila nuclei familiari in meno rispetto a dicembre 2021.
Come mai? Le ipotesi possono essere diverse. Forse qualcuno avrà trovato una nuova occupazione, qualcun altro, magari più smemorato, avrà dimenticato di presentare la domanda oppure “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. Magari, (ma ricordiamolo, stiamo solo facendo delle supposizioni), qualche ex “furbetto” del reddito di cittadinanza, avrà ben preferito evitare di tentare la sorte e, temendo maggiori controlli e severità da parte del neo governo Meloni, abbia deciso di sbarcare il lunario in altri modi.
E’ bene ricordare che le regioni con il più alto numero di percettori sono: Campania, Sicilia, Lazio e la Lombardia. In tutte, nel 2022 si registra un calo, più o meno netto delle persone coinvolte a eccezione della Sicilia dove si registra un aumento di duemila unità.
A scoraggiare i temerari del Reddito anche l’introduzione del danno erariale in caso di mancata verifica dei requisiti di residenza da parte dei comuni. Dallo scorso 24 gennaio, L’INPS ha aumentato l’efficienza dei controlli sui richiedenti e percettori del reddito di cittadinanza attraverso lo scambio di informazioni con il Ministero della Giustizia. Il 20 gennaio è stato infatti siglato il Protocollo operativo tra INPS e Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – DAP, che consentirà, nel pieno rispetto della normativa sulla privacy, la verifica mensile e automatica, operata con sistemi di interoperabilità e modalità strutturata di scambio dati, dell’eventuale stato detentivo dei richiedenti il reddito di cittadinanza, prima dell’erogazione del beneficio. Inoltre, l’attuazione del protocollo consentirà ad Inps di disporre, in automatico, la revoca e il recupero della prestazione indebita in caso di omessa dichiarazione, in forza dell’articolo 7, comma 10, del decreto-legge n. 4 del 2019.
Insomma, il “fattore Meloni” si fa sentire ma, per verificare un reale cambio di passo, un’inversione di tendenza, servirà ancora aspettare qualche mese. Dai 2,7 milioni di persone beneficiari del Reddito o Pensione di cittadinanza nel 2019, siamo passati nel 2020 a 3,7 milioni fino al picco del 2021 con poco meno di 4 milioni di percettori. Il primo calo, a dire il vero, arriva già nel 2022 con il governo Draghi con 3,7 milioni di persone interessate dalla misura.
Fin qui, i numeri. Resta ancora da capire, al di là degli intendimenti di Giorgia Meloni, quali saranno concretamente le disposizioni che dovrebbero portare alla fine del Reddito di Cittadinanza e all’inizio delle politiche attive del lavoro. I dubbi sono tanti: dalla difficoltà da parte delle Regioni di controllare, ad esempio, la presenza dei percettori ai corsi di formazione, alla mancanza di piani formativi e corsi di aggiornamento validi, alla riforma dei Centri per l’Impiego. Ma non solo, c’è anche il tema di chi non ha un titolo di studio dell’obbligo (in questo caso servirebbe un protocollo tra i ministeri del Lavoro e dell’Istruzione) e poi, la polemica delle polemiche con la domanda delle domande: “Cosa vuol dire offerta congrua di lavoro“? Sì perché se chi decide, decide di non decidere, alla fine a farlo potrebbe essere il più debole, il precettore del Reddito che, rifiutandosi, finirebbe per perdere non solo un lavoro ma anche il sussidio.
Cosa accadrà? Lo sapremo a breve ma, intanto, la fuga dei percettori sembra già iniziata.