Il 25 novembre del 1985 rimane un ricordo indelebile nella coscienza civile dei palermitani che risveglia emozione e commozione. Non si può dimenticare la tragedia di quel giorno quando due ragazzi appena usciti dal liceo Meli si recarono come ogni giorno alla fermata dell’autobus nel marciapiede di fronte alla loro scuola.
All’improvviso la tragedia. Una delle macchine di scorta del giudice Paolo Borsellino, percorrendo la corsia preferenziale, dopo avere superato il semaforo di Piazza Croci, striscia contro una macchina che procedeva in senso inverso e, sbandando paurosamente, piomba sul gruppo di ragazzi che attendevano l’autobus. Moltissimi saranno i feriti, Biagio Siciliano di appena 14 anni morirà all’istante e Giuditta Milella di anni 7 si spegnerà dopo una settimana.
Questa è la ricostruzione di quel terribile avvenimento che con Maurizio Scaglione abbiamo descritto nel libro Mafia senza onore.
Sì perché anche questi ragazzi sono vittime innocenti di quel clima di violenza e di paura che Cosa Nostra aveva instaurato a Palermo, una città assediata, blindata, quasi in assetto di guerra.
Nel libro riordiamo le grida, i pianti la rabbia degli studenti, la protesta verso i poliziotti e l’intervento del preside Aldo Zanca che scende immediatamente tra i ragazzi per confortarli ed evitare una spaccatura tra i giovani, tra la città le forze dell’ordine.
Dirà infatti: “Sono profondamente addolorato e tuttavia mi auguro che questo incidente non venga strumentalizzato per privare magistrati e poliziotti, impegnati nella lotta alla mafia. Del necessario consenso e sostegno della parte sana di Palermo”.
Biagio e Giuditta sono, infatti da ricordare come vittime innocenti anch’esse cadute sul fronte della lotta alla mafia. Per questo il modo migliore per onorarle è di continuare con il vigore necessario la lotta alla mafia per assicurare alle future generazioni una città, una terra libera dalla violenza dalla prepotenza dai soprusi e affermare quei valori di libertà, di civiltà e di solidarietà per cui Biagio e Giuditta hanno sacrificato la loro vita.
ELIO SANFILIPPO