Dalle grandi città come Catania a Messina, ai centri di medie dimensioni come Monreale e Milazzo, fino al piccolo paesino di Cassaro nel siracusano sono 63 i comuni siciliani che rischiano il fallimento finanziario. Su 390 municipi ben il 20% è indebitato fino al collo, 28 si trovano in condizioni di dissesto e 35 di predissesto. Una situazione esplosiva che si ripercuote ogni giorno su 1.4 milioni di persone, ovvero un quarto della popolazione dell’Isola. È quanto emerge dal meeting “La gestione della crisi finanziaria degli enti locali territoriali”, svoltosi a Palermo su iniziativa della Cisl.
Il drastico taglio dei trasferimenti ai comuni, di circa l’80%, è la principale causa del problema. Basti pensare che il fondo regionale per gli enti locali nel giro di pochi anni è passato da 900 a 240 milioni di euro. Un taglio che ha determinato l’aumento della tassazione locale, la riduzione dei servizi erogati ai cittadini e nei casi più gravi il mancato pagamento degli stipendi del personale che addirittura potrebbe perdere anche il posto di lavoro in caso di default.
Per questo secondo l’organizzazione sindacale serve una cabina interassessoriale di regia per l’analisi preventiva in sede tecnica dei bilanci degli enti locali. “Una sede di diagnosi e terapia degli assetti finanziari – spiega Mimmo Milazzo, segretario generale regionale Cisl – da istituire con legge della Regione e che, senza entrare nella valutazione delle priorità di bilancio, che spetta alla politica, consenta di liberare il campo, prima del varo dei documenti preventivi, da tutto ciò che rischi di degenerare in stallo e in strozzature”.
“La situazione è molto difficile”, ha spiegato Mario Emanuele Alvano, segretario generale dell’Anci Sicilia. Il fatto è che “negli ultimi anni si è passati dalla finanza derivata dallo Stato alla finanza propria, frutto di tributi locali. E questo cambiamento è stato devastante. Servono misure compensative che recuperino lo spirito autentico del federalismo fiscale e facciano leva su un fondo di solidarietà. Poi, c’è bisogno di una riforma della riscossione locale che si regga su una macchina amministrativa più efficiente. Sennò, non se ne esce”.