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Lo scenario

Inserimento lavorativo per le vittime di violenza di genere, Giulini: “Serve una forte rete di cautele”

venerdì 12 Aprile 2024

L’inserimento lavorativo delle vittime di violenza di genere e degli orfani di femminicidio è stato un tema affrontato durante l’approvazione del maxiemendamento all’ultima Finanziaria della Regione Siciliana. Più di una forza politica ha vantato la paternità della norma, come se questa potesse risolvere da sola la piaga sociale. In aula si è consumata una lotta per la genitorialità di un testo scarsamente applicabile e ancora lacunoso.

Sulla scorta del prototipo normativo siciliano, anche a livello nazionale è stata avanzata una simile proposta di legge. Si tratta di un perfetto spot pubblicitario per la politica, verrebbe da dire, se non fosse che riguarda eventi tragici come i femminicidi. Questi ultimi sono stati sei nell’Isola nel 2023, ma non si ha una stima precisa delle violenze che abbiano sfregiato permanentemente le vittime.

Tuttavia, da un lato mancano ancora oggi alcuni passaggi per raggiungere gli obiettivi che la norma si propone, mentre dall’altro risultano trascurati altri efficaci ausili sociali ed economici per le vittime. Secondo Paolo Giulini, criminologo e docente dell’Università cattolica del sacro cuore di Milano, oltre all’inserimento lavorativo: “serve un certo tipo di risposta da parte delle istituzioni, della società civile e delle strutture del privato-sociale che sia a trecentrosessanta gradi. Non va trascurato l’accompagnamento di tipo psicologico e relazionale accanto agli interventi di gestione degli aspetti materiali. Noi ci troviamo di fronteprosegue Paolo Giulini a dei soggetti che sono stati attraversati da un ciclone di violenza e di insicurezza. Più si forniscono risposte per far fronte a questi vissuti, più si riesce a costruire una resilienza di fronte a questi eventi traumatici.

Le donne vittime di violenza hanno anche una probabilità maggiore di soffrire di problematiche di tipo abitativo, non riuscendo a pagare in alcuni casi caparre o canoni mensili di locazione dopo essere sfuggite ai propri aguzzini. In quest’ottica risulta quindi essenziale prevedere degli interventi che assicurino un tetto sotto cui dimorare, prima ancora del soddisfacimento della, seppur fondamentale, esigenza lavorativa.

Inoltre, per quanto riguarda i figli orfani delle vittime di femminicidio, già all’indomani dell’approvazione dell’emendamento, alcuni sindacati avevano sottolineato come si stesse affrontando il problema da un’errata angolazione. È necessario, infatti, che i figli vengano assistiti e presi in carico da un punto di vista sociale e psicologico, prima ancora che lavorativo ed economico. Come spiega il professore Paolo Giulini:Deve esserci la capacità e l’esigenza di creare una forte rete di cautele. Ciò non può essere fatto da un singolo operatore, ma dai servizi che devono lavorare in coordinamento tra di loro. Nel carcere di Opera a Milano – sottolinea il criminologo – abbiamo avviato un programma trattamentale specifico per gli autori di femminicidi. Questo ha lo scopo non solo di mettere a contatto il reo con la distruttività dei propri atti, ma anche di problematizzare l’eventuale continuità dei rapporti con l’ambiente familiare dei figli che hanno subito questo evento”.

La finalità della legge siciliana è anche quella di equiparare i discendenti delle vittime e le donne che hanno subito uno sfregio permanente al volto, ai parenti delle vittime di mafia. In questo modo, la Regione Siciliana garantirebbe un accesso al lavoro diretto a questi soggetti o presso le proprie strutture, o negli enti che le gravitano intorno.

Senonchè, dopo mesi dall’approvazione della legge regionale, mancano ancora le delucidazioni sulle modalità di presentazione dell’istanza. Si era ipotizzato, originariamente, la possibilità di istituire un tavolo tecnico presso l’assessorato alla Famiglia, ricorrendo anche al coinvolgimento dei centri antiviolenza. Ma ancora tutto tace.

Un altro buco nero della norma è quello che provoca una netta disparità sociale fra le vittime di violenza che abbiano subìto dei danni evidenti e permanenti, rispetto a quelle che abbiano sofferto abusi meno lampanti. Per le prime l’agevolazione è applicabile, ma non per le seconde. Questo sembrerebbe sottolineare che esistano dei livelli differenti di virulenza e importanza nella violenza di genere. “Distinguere le vittime sul piano delle risposte e del supporto economico oltre che sociale è un po’ rischioso. Gli effetti della vittimizzazione – conclude il professore Giulini – possono incidere sulla persona anche con atti che non sembrino all’apparenza devastanti. L’entità traumatica non si può soppesare sulle conseguenze visibili di un evento, ma sugli effetti anche psicologici che questo produce”.

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