Il segretario del PD, Nicola Zingaretti, è notoriamente persona paziente e ponderata. Difficilmente alza il tono della voce, una peculiarità rara nei politici attualmente in voga.
A farlo uscire fuori dai gangheri ci ha pensato Matteo Renzi con la sua protesta per le misure anticovid varate dal governo per contenere l’espansione del virus. Un governo di cui lui stesso non solo fa parte, ma che pare abbia avuto perfino l’idea di averlo fatto nascere.
“Una posizione eticamente intollerabile – l‘ha definita Zingaretti – …non si può stare con i piedi in due staffe”.
Zingaretti ha posto una questione politica molto importante: come si sta in una maggioranza di governo di cui si fa parte anche se a volte con posizioni critiche.
Le misure sono, infatti, molto pesanti per alcune categorie e non potevano non suscitare proteste anche se non possono giustificarsi in alcun modo le forme violente assunte ad opera di alcuni facinorosi.
Queste misure, però, aleggiavano da tempo di fronte al diffondersi dei contagi e certo le voci disparate che quotidianamente si ascoltavano da esperti e politici hanno alimentato confusione e incertezze nell’opinione pubblica.
Più volte ne ha discusso il Consiglio dei ministri senza che si abbia avuto sentore di dissenso da parte dei ministri renziani, tuttalpiù sollecitazioni o raccomandazioni.
È probabile che i ministri di Italia Viva abbiano anche manifestato riserve sui provvedimenti ma le avrebbero dovute rendere pubbliche prima dell’approvazione per una questione di trasparenza e correttezza e di eticità come direbbe Zingaretti.
Stare in silenzio e poi uscire allo scoperto dopo le manifestazioni di protesta dicendo le stesse cose di Salvini rende strumentale e sospetto questo comportamento.
Questo non significa assolvere il governo dalle sue responsabilità dal momento che era prevedibile l’impatto duro che le misure avrebbero avuto e che contestualmente potevano essere già accompagnate da provvedimenti, come li chiamano ora, di ristoro.
Quello che, però, emerge da questa vicenda è la mancanza di responsabilità nazionale da parte dei partiti sia di maggioranza che di opposizione impegnati a dimostrare che ognuno è più bravo dell’altro. Paradossalmente chi si è richiamato maggiormente al senso di responsabilità nazionale è stato il vituperato Berlusconi.
Nella prima repubblica i partiti pur nella loro durissima contrapposizione politica e ideologica, dalla DC al PCI, nei momenti più difficili per la vita del paese, seppero trovare momenti di unione e di collaborazione feconda al di là della collocazione parlamentare.
Fu cosi per ricostruire il Paese dopo le rovine lasciate dalla guerra, fu cosi, nel periodo delle stragi e della “strategia della tensione” fu così per il terrorismo e per la mafia.
Questo vale per tutti i partiti ma in particolare per Italia Viva che non ha alle spalle un retroterra politico e culturale come le altre forze politiche, che nasce nel Palazzo ma che non può continuare a vivere nel Palazzo se non vuole sostituire la manovra al Progetto.
Soprattutto in Sicilia, Italia Viva ricorda quei deputati dell’Ottocento che si dichiaravano repubblicani a Palermo e monarchici a Roma.
A Roma governa con gli odiati Grillini e con il vituperato PD, al Comune di Palermo sta in giunta con Orlando, ma non sopporta un alleato come Giusto Catania e non perde occasione per criticarlo e prendere le distanze, ma tacciano sullo sfascio della città.
Alla Regione formalmente è all’opposizione, ma fin dall’inizio della legislatura i suoi rappresentanti hanno dichiarato pubblicamente, come è avvenuto, che appoggeranno le cose buone proposta da Musumeci, in molti Comuni nelle recenti elezioni amministrative hanno fatto alleanza con il centro destra.
Tanto basta per richiamare alla memoria il vecchio motto guicciardiniano “Franza o Spagna, purché se magna!” (dove per Franza si intende la Francia, ndr). Con l’opportunismo e il cinismo, però, non si governa il popolo secondo i suoi interessi ma si dà solo l’impressione di farlo.