La Rackete non andava arrestata. La donna, che aveva forzato il blocco navale, speronando una motovedetta della Finanza, avrebbe fatto correttamente il proprio dovere. Questo in base alle disposizioni sul “salvataggio in mare”: la comandante della Sea Wacht Carola Rackete sarebbe entrata nel porto di Lampedusa perché “l’obbligo di prestare soccorso non si esaurisce nell’atto di sottrarre i naufraghi al pericolo di perdersi in mare, ma comporta l’obbligo accessorio e conseguente di sbarcarli in un luogo sicuro” .
La singolare spiegazione è quella scritta dai giudici della Cassazione nelle motivazioni depositate oggi di conferma del ‘no’ all’arresto di Rackete con l’accusa di aver forzato il blocco navale della motovedetta della Gdf per impedirle l’accesso al porto.
Secondo i giudici, sarebbe legittimamente stata esclusa la natura di nave da guerra della motovedetta perché al comando non c’era un ufficiale della Marina militare, come prescrivono le norme, ma un maresciallo delle Fiamme Gialle. Dunque la Rackete avrebbe agito in maniera “giustificata” dal rischio di pericolo per le vite dei migranti a bordo della sua nave. E poco importa se per far questo, ha forzato il blocco della nave italiana, mettendo a repentaglio l’incolumità dell’equipaggio della motovedetta.