Tassi di dispersione scolastica da brividi, reati dei minori quadruplicati in 10 anni, carenza cronica di assistenti sociali, il caso dei centri affidi, scollamento tra istituzioni e territorio nelle zone ad alto rischio, trasformate in “praterie” per il reclutamento della criminalità. E ancora aumento vertiginoso dei disagi nelle fasce adolescenziali e situazione scolastica al collasso.
LA COMMISSIONE SUI DISAGI DEI MINORI
Questo è in sintesi il caso Messina come emerso dalla relazione della Commissione regionale Antimafia sulle condizioni dei minori in Sicilia, presieduta da Claudio Fava. Otto mesi di lavoro, 65 audizioni dal luglio 2021 fino a febbraio 2022, durante i quali la Commissione ha cercato di dare una risposta alle preoccupazioni manifestate in più occasioni da parte dei procuratori del Tribunale dei minori oltre che da operatori scolastici, socio-assistenziali, socio-sanitari e del terzo settore. Attraverso le 106 pagine della relazione l’Antimafia ha evidenziato e analizzato le cause di questa vulnerabilità sociale ed ha anche provato ad individuare percorsi di risposta.
IL CASO MESSINA
Nel quadro regionale emergono i numeri del caso Messina. Dalla relazione si staglia una “periferia” che non è soltanto fisica ma diventa culturale, sociale, economica e che azzera le prospettive di migliaia di bambini e di adolescenti, in modo ancor più evidente con la pandemia.
REATI QUADRUPLICATI IN 10 ANNI
Iniziamo dalla dispersione scolastica che a Messina tocca la percentuale del 17%. Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza Angelo Fabio Costantino spiega: “La scuola è prevenzione, non è soltanto istruzione. Nello scambio quotidiano i ragazzi crescono, se gli togli la scuola si ammalano. Abbiamo verificato che i minori che commettono reati o che sono stati segnalati al Tribunale dei minori per reati, non frequentavano le scuole. C’è un dato su tutti: 10 anni fa, nel 2011, i reati commessi da ragazzi di Messina e provincia erano 300. Ebbene, nel 2021 sono quadruplicati a 1.400”.
400 CASI L’ANNO
Maria Palella, direttore dell’ufficio di servizio sociale per i minori di Messina ha dichiarato che ormai si “naviga sui 400 casi in carico l’anno… Andiamo sulle 180-200 segnalazioni nuove l’anno e, chiaramente, abbiamo in carico anche i minori per i quali chiaramente la misura penale si protrae”. E Francesca Pricoco, presidente del Tribunale per i Minorenni di Messina ha evidenziato come la dispersione scolastica riguardi prevalentemente i quartieri a rischio, “mentre assume degli aspetti diversamente valutabili in altri territori. Voglio segnalare una tendenza diversa che riguarda la cosiddetta mafia dei Nebrodi… Si tratta cioè di situazioni che attengono a famiglie che comunque coltivano regolarmente l’istruzione scolastica dei propri figli, ma che operano in un ambito chiuso rispetto alle relazioni sociali”.
Una situazione allarmante, ancor di più se, come emerso dai lavori della commissione, in una zona ad altissimo rischio con 40 mila abitanti non c’è una scuola superiore, quindi gli studenti o si spostano verso altri quartieri o non vanno più a scuola. In quartieri a rischio la seconda opzione è più forte.
LE SCUOLE NELLE ZONE A RISCHIO
Nel mese di gennaio 2022 la Commissione si è riunita presso i locali dell’istituto “Giuseppe Catalfamo”, nel cuore del quartiere CEP. Un quadro di fortissimo disagio che riguarda anche altre zone periferiche della città: Bordonaro, Fondo Fucile, Giostra e Giampilieri. Le criticità non riguardano solo l’alta percentuale di dispersione scolastica ma anche le difficoltà da parte dei servizi sociali, con un organico all’osso, nel gestire le segnalazioni che arrivano dalle scuole.
MANCANO ASSISTENTI SOCIALI
Come spiega Angelo Cavallaro, dirigente scolastico Istituto “G. Catalfamo” “Non abbiamo un’assistente sociale di riferimento all’interno del Comune. I casi non vengono stabiliti secondo le zone. Non c’è una figura assegnata ad hoc. Questo è un grosso problema perché ci dobbiamo confrontare con tanti assistenti sociali. Anche il fatto che loro siano sotto organico, per le nostre problematiche, l’assistente sociale non è presente”. E Grazia Patanè, dirigente scolastico dell’Istituto Albino Luciani ricorda che gli assistenti sociali nel Comune di Messina sono soltanto sette e “alcuni di loro hanno contratto annuale per cui da un anno all’altro ci troviamo anche a cambiare persone. Sono tutte persone che viaggiano perché vengono da fuori, chi da Siracusa chi da Catania, alcuni gestiscono le cose in maniera molto banale, con una semplice telefonata”.
NEL 2018 SITUAZIONE AL COLLASSO
L’ex assessore ai servizi sociali Alessandra Calafiore, audita in Commissione ha spiegato d’aver trovato, nel 2018, una situazione al collasso. Con alcuni finanziamenti sono state assunte ulteriori 26 figure, tra cui 19 assistenti sociali, 3 educatori e 3 psicologi. “Abbiamo proceduto, tra l’altro, ad una proroga dei contratti e li abbiamo prorogati fino al 31 dicembre 2022. Inoltre con un nuovo finanziamento stiamo procedendo al rafforzamento del servizio sociale attraverso sette ulteriori figure”.
70 FASCICOLI A TESTA
Il problema è che le 26 figure sono state assunte nell’ambito del Pon inclusione connessi al monitoraggio del reddito di cittadinanza, pertanto non possono svolgere compiti che siano al di fuori delle finalità del progetto. Peraltro al momento ogni assistente sociale ha un carico di lavoro di 70 fascicoli solo per il minorile, più l’attività routinaria. Se aggiungiamo pandemia, emergenza abitativa (che a Messina ha una connotazione molto spiccata), migranti, si comprende la reale necessità di personale.
IL CASO DELLA CASTRONOVO
Quanto poi alla situazione delle sciole ci sono alcuni casi emblematici. Come quanto emerge dal racconto sempre della dirigente Patanè: “Avevamo un altro plesso di scuola secondaria di primo grado nel quartiere di Bordonaro, l’“Ettore Castronovo”, costruita con cemento depotenziato, che è stata chiusa cinque anni fa dopo i controlli e i carotaggi effettuati dall’Ufficio del lavoro su numerose scuole. Con la chiusura della Castronovo abbiamo perso quasi tutta la scuola media: siamo arrivati a 9 classi mentre prima ne avevamo una ventina. Tutti quelli che stavano a Bordonaro hanno deciso di andare in altre scuole del centro creando anche problemi di capienza degli altri edifici”. La scuola quindi è chiusa da cinque anni e nel gennaio 2021 i lavori sono stati appaltati ad una ditta che però dopo 6 mesi non si è fatta vedere, così la dirigente scolastica ha provato a rintracciare la seconda impresa.
LE IMPRESE NON RISPONDONO
“Io ero al Comune per una cosa- prosegue la Patanè in audizione in Commissione- passo dal funzionario, mi dice che il secondo aggiudicatario “non mi risponde al telefono”, dico “proviamo a richiamarlo col mio telefono che è un numero che non conosce”. Non ha risposto, hanno mandato varie pec, a questo punto non so se dobbiamo passare al terzo, però abbiamo perso anche un anno. Quindi, lì è ormai una cattedrale nel deserto… Tenga conto che in questa scuola c’era un bellissimo auditorium, dove spesso si facevano varie attività anche con i ragazzi della parrocchia e l’unica palestra dove si potevano fare le gare di pallavolo”.
LA VULNERABILITA’ SISMICA
Nel frattempo gli studenti vanno altrove (e non sempre in altre scuole). Va da sé che il caso della Castronovo non è isolato perché la problematica ha interessato numerosi edifici costruiti tra gli anni ’70 e gli ’80. L’ex assessore alla pubblica istruzione Francesco Gallo aggiunge anche che, all’insediamento della giunta De Luca, nel 2018: “Nessuno, o quasi nessuno, degli immobili destinati ad uso scolastico aveva la cosiddetta vulnerabilità sismica. Si sono progettati, e sono in fase esecutiva, interventi su 100 immobili”.
L’AUDITORIUM CHE NON C’E’
Emblematico anche il racconto della dirigente scolastica del Verona Trento Simonetta Di Prima: “In un quartiere come il Giostra tolta la scuola non si fa altro se non la parrocchia. Consideri il “Majorana”: avrebbe dovuto avere un auditorium. Noi eravamo contentissimi di questa cosa ma i lavori si sono fermati da almeno 5 anni. C’è una scatola vuota”.
SCOMPAIONO DALLA SCUOLA, DALL’ORATORIO
In questi rioni gli unici punti di riferimento sono la scuola e la parrocchia. E quando la scuola non diventa più un punto solido resta l’oratorio. “Molti mariti sono in carcere- spiega don Sergio Siracusano, direttore dell’ufficio regionale della Cesi per i problemi sociali- Le mamme sono sole, devono campare in qualche modo e alla fine è normale che i bambini non vengano neanche all’oratorio, scompaiano dalla scuola… e tu li vedi che sono in difficoltà ma nessuno li aiuta. Chi li deve aiutare? Qualcuno può fare qualcosa? La scuola. Però mancano delle figure. Manca sicuramente un sistema sociale che sia di vicinanza…
CULTURA CONTRO LE LEGGI
Ancora più sofferta l’analisi offerta da don Enrico Colafemina, parroco dell’oratorio “San Luigi Guanella” di Fondo Fucile: “Da cinque anni sono qui. L’idea che mi sono fatto, vedendo come la gente agisce e si muove, è che si è sviluppata una cultura che va contro le leggi. Cioè, se vado contro le leggi, ho un ruolo! Perché? Perché insieme alla dispersione scolastica, al basso livello culturale e tutto quanto, potremmo dire che questo fatto li fa sentire vivi, li fa sentire valorizzati”.
DONNE SOLE CON MINORI
Analisi lucida anche quella di Clelia Marano, sindacato Unione Inquilini di Messina. “Bisogna tenere conto realmente delle esigenze delle famiglie e delle soggettività che vivono all’interno di queste zone. Già da due anni abbiamo chiesto ai servizi sociali di Messina un censimento che ci andava a dire quanti minori, quante donne sole con minori vivevano all’interno delle zone di risanamento. Bene, a tutt’oggi questo non ci è stato possibile sapere: perché? Non puoi rispondere ai loro bisogni se non sai che esistono. Da due anni all’assessore abbiamo chiesto questo censimento, ci è stato risposto che non era possibile farlo perché mancano gli assistenti sociali”.
DATI STATICI
Anche in questo caso la risposta dell’ex assessore Calafiore è determinata dalle carenze d’organico: “I dati che noi abbiamo sono i dati presenti all’interno della nostra banca dati, ma si devono estrarre. Noi siamo in grado di poter recuperare questi dati ma sono all’interno dei nostri software. Andrebbero lavorati e scorporati. Abbiamo incrociato i dati ed abbiamo saputo quanti minori c’erano, quanti disabili c’erano. La stessa cosa si può fare per le madri sole. In questo momento sono dati statici che possono diventare dinamici all’occorrenza”.
IL CASO CENTRO AFFIDI
C’è poi il capitolo del centro affidi che ha portato negli ultimi mesi del 2021 ad una querelle sul mancato invio delle relazioni sui minori in affidamento dal Comune di Messina al Tribunale dei minori. Il caso è deflagrato il 19 novembre nel corso di un convegno promosso dal Garante per l’infanzia Fabio Costantino e durante il quale il procuratore del Tribunale dei minori Andrea Pagano ha lanciato l’ultimatum al Comune. Nonostante un protocollo risalente al 2019 prevedesse l’invio delle relazioni sui casi dei minori in affido, per ben due anni il Tribunale dei minori non ne ha visto traccia.
FASCICOLI APERTI DA 7-8 ANNI
“Se non dai una relazione di un minore in affidamento familiare – ha spiegato il Garante anche in commissione – che per legge non può stare più di due anni, significa non dare identità a quel minore. Ci sono fascicoli che sono aperti da 7-8 anni… non si possono chiudere perché non ci sono dati che consentano alla Magistratura di chiudere i fascicoli. Che significa? O li fanno rientrare nelle famiglie d’origine o li mandano in adozione”.
IL PROTOCOLLO DISATTESO
Di fatto, per 2 anni, i bambini in affido erano diventati “fantasma” sotto il profilo dei report tra Comune e Tribunale. Nei primi giorni di ottobre 2021 Costantino avvia un tavolo tecnico per fronteggiare le difficoltà nelle relazioni tra Comune e Tribunale. Il protocollo del 2019 infatti prevedeva relazioni semestrali sull’andamento degli affidamenti, i criteri di selezione delle famiglie affidatarie. Protocollo rimasto sulla carta. Ma anche il tavolo tecnico di ottobre, al quale partecipano tutte le parti in causa, non fa emergere le relazioni. Il 15 ottobre scatta una diffida a firma congiunta del presidente del Tribunale dei minorenni e del Procuratore minorile, che chiedeva di ricevere entro 60 giorni gli atti riguardanti i bambini nel centro affidi.
LA RELAZIONE DUE ANNI DOPO
Passa un altro mese e il 19 novembre il procuratore Pagano dichiara durante il convegno: “se non arrivano le relazioni io interesserò la Procura ordinaria”. Le dichiarazioni finiscono sulla stampa, il sindaco Cateno De Luca va su tutte le furie perché non era stato messo al corrente dei fatti. Solo a dicembre, ben due anni dopo il protocollo, le relazioni vengono spedite.
IL GARANTE SENZA MEZZI
L’ultimo capitolo riguarda quelle che la Commissione regionale antimafia ha definito arcaiche modalità di lavoro che caratterizzano l’azione dell’ufficio del garante messinese. Insediatosi nel giugno del 2019 il Garante per l’Infanzia del Comune di Messina Fabio Costantino si è ritrovato senza ufficio, senza telefono, senza mail senza pec. Ad ospitarlo attualmente è il Tribunale per i minori. Per regolamento il Garante dovrebbe avere sede e collocazione al Comune ma i tempi si sono allungati così alla fine ha trovato “spazio” presso il l Palazzo della Giustizia Minorile di Messina. Non ha però un telefono, un computer, un segretario, non può utilizzare l’ufficio stampa del Comune di Messina per eventuali comunicazioni.
Le segnalazioni sono tantissime ma c’è una mail istituzionale, con indirizzo presso il domino del Comune di Messina. E c’è il numero di telefono privato di Costantino che ormai è diventato praticamente “pubblico” in modo da poter essere sempre raggiungibile da chiunque.
“Io dò a tutti il mio numero. Ma al Comune non mi è stato concesso neanche di avere dal sito ufficiale un link che possa permettere a chiunque, alle associazioni e al privato cittadino, di collegarsi alle attività del Garante. Io non ho nulla. Il Garante non ha niente…”