Una verità sbattuta in faccia senza riserve e prove d’appello, che, anche se nota da tempo, getta nello sconforto i partiti politici. Più di quanto ciascuno sia disposto a riconoscere. L’astensionismo annunciato da un sondaggio al 55% in occasione delle prossime elezioni regionali non si stempera con una battuta. Non si allontana come un semplice cattivo pensiero. Oggi non è più neanche un presagio.
Crocetta, sul banco degli imputati insieme al suo governo, ostenta tranquillità ed esorcizza: «Guardate, la gente nei sondaggi non dice mai quello che pensa, non dà vantaggio al suo intervistatore. E poi vorrei dire a tutti questi che oggi scagliano la prima pietra, la crisi economica degli anni scorsi avrebbe stroncato chiunque. Anche cinque anni fa l’astensionismo si rivelò consistente»
Giancarlo Cancelleri, candidato ‘in pectore’ che domenica aspetta di essere incoronato dalle ‘Regionarie’ invece fa un’altra analisi:«Tutti pensano che l’astensione ci favorisce. Io credo il contrario. Meno gente va a votare e peggio è. Non è un caso che il nostro primo obiettivo sia quello di stimolare l’interesse e la partecipazione per andare alle urne».
Se cioè la politica ‘strutturata’ dei partiti fa quadrato su uno o due progetti forti, potrebbe concentrare il voto in chiave ‘antigrillina’.
Per surreale che possa sembrare, a un annunciato e forte astensionismo elettorale, potrebbe corrispondere anche a una serie di moltiplicazioni di liste ‘fai da te’ senza precedenti.
Una frammentazione esasperata che invece tirerebbe la volata al movimento di Grillo e Casaleggio.
In Sicilia si vota con l’elezione diretta del presidente della Regione dal 2001. La marcia di avvicinamento verso le pluricandidature, molte delle quali dispersive, comincia nel 2008. (Erano in cinque). Lo scontro si concentrò tra Raffaele Lombardo sostenuto dal centro destra, dal Movimento per l’Autonomia e dai centristi e Anna Finocchiaro, centrosinistra. Il primo arrivò al 65% con 1.862.959 voti, la seconda si fermò al 30,38% con 886.044 voti. Gli altri tre candidati, Sonia Alfano, Ruggero Razza e Giuseppe Bonanno Conti non arrivarono al 5% tutti insieme.
Andò a votare il 66% dei siciliani (3.049.266)
Il maggior numero di candidati in campo si è registrato invece nell’elezione del 2012. A candidarsi furono in 10. Crocetta fu eletto con 617mila voti e il 30% dei consensi. Musumeci perse con il 25,73% e 521mila voti.
Bisogna risalire alla prime due elezioni (2001 e 2006) per trovare tre soli candidati (Cuffaro, Orlando e D’Antoni). Cuffaro vinse nel primo caso con il 59% (1.572.178 voti) e nel secondo con il 53% (1.374.626 voti). Rita Borsellino raggiunse il 41% e Musumeci poco più del 5%.
La maggiore concentrazione di liste e candidati appare oggi come un lontano retaggio del passato.
Contavano di più i partiti ed era maggiore la capacità di radicarsi nei territori.
In quest’occasione si rischia il record assoluto di candidature. Qualcuno ne ha contati già più di 13.
Fa pensare, anche alla luce del sondaggio DEMOPOLIS, la mancanza di risposte che la politica dei partiti non riesce a fornire. Sia in termini di motivazione che in quelli di proposte, chiare, leggibili e definite.
Al momento si lanciano ipotesi più che modelli di organizzazioni. I candidati tessono le fila, ma la trama del dialogo con gli elettori rischia di essere spezzata e intermittente.
Tutto si consumerà tra facce riconducibili a’vecchio e nuovo’ tra ‘speranza di cambiamento’ e ‘usato sicuro’.
I luoghi della politica poi non sono così diversi da tutti gli altri.