“Essere o non essere, questo è il dilemma, se sia più nobile nella mentre soffrire colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni e contrastandoli porre la loro fine”. Ha aperto così, citando Amleto, il suo comizio di (possibile) commiato alla Città di Messina, Cateno De Luca, sindaco dimissionario di Messina che ha preannunciato il suo addio a Palazzo Zanca in una lettera i cui effetti dovrebbero scattare dall’8 ottobre. Ma le dimissioni del primo cittadino rimangono ancora avvolte da un punto interrogativo e potrebbero essere revocate da De Luca da qui ai prossimi giorni.
“Ho aperto come una scatoletta il palazzo in questi mesi, con uno strumento molto diretto, con i social, oltre le valutazioni del se faccio bene o se faccio male. In ogni caso ho consentito alla comunità di seguire in ogni momento colui al quale i cittadini hanno affidato il governo della città. Trasparenza assoluta, piaccia o non piaccia, e questo ho fatto nei primi 100 giorni, e questo vale per tutti, sindaco, assessori, consiglieri comunali e dipendenti comunali, il popolo deve sapere cosa si fa al Comune di Messina”. Così De Luca ha subito arringato la folla accorsa in piazza Municipio, senza risparmiarsi nemmeno quando un gruppo di contestatori, lavoratori dell’Atm, lo hanno preso di mira e lui ha chiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine.
Poi l’attacco frontale al Consiglio comunale e alla burocrazia comunale: “C’è una questione di fondo da chiarire. Abbiamo fretta di dare risposte alla città, vogliamo cancellare il malgoverno e la nostra fretta è frenetica perchè avvertiamo sulla nostra pelle la responsabilità che la gente ci ha dato. Noi siamo la Giunta, primo pilastro che rappresenta l’Esecutivo che detta i tempi a tutti perchè è stato eletto dal popolo per dettare i tempi dell’Amministrazione della città, per competenza e per diritto e dovere. C’è poi la brocrazia, i dipendenti semplici e i dirigenti, e tra questi dirigenti molti si sentono ancora i padroni del pastificio. Le partecipate sinora sono state bancomat della “malapianta” della politica. Il Consiglio comunale ha il compito di controllare ciò che fa l’Esecutivo e ha compito di indirizzo, può assumere delle proprie iniziative e suggerire ma non può condizionare i tempi o indirizzare l’azione del sindaco e della Giunta. In questo quadro ognuno deve stare al proprio posto. Siamo noi che abbiamo avuto il mandato di governare, il Consiglio ha avuto il compito di fare le sue proposte senza travalicare confini e competenze dell’Esecutivo. Il Consiglio comunale in passato dettava i tempi, stabiliva quali delibere far passare e quali delibere far passare o bocciare. Abbiamo in eredità oltre 150 delibere inviate al Consiglio comunale e mai esaminate, ma questa è una storia passata perchè quando i consiglieri già decantano i risultati ottenuti in questo periodo, dicendo che abbiamo approvato l’Agenzia del Risanamento e il Bilancio, hanno solo fatto il loro dovere. Di cosa ci dobbiamo vantare? Di aver fatto il nostro dovere? Noi ci dobbiamo paragonare al meglio, non al peggio. Io ho iniziato una rincorsa ad alzare l’asticello in termini di tempi e di qualità. Se ci vogliono stare andiamo avanti, altrimenti andiamo a casa. Non farò mai il partito del sindaco in Consiglio comunale. Con me non funziona che si viene a chiedere per fare parte del partito del sindaco. Il mio partito è del popolo e tutti sono iscritti”.
De Luca ha elencato i numeri drammatici dei conti di Palazzo Zanca e ha attaccato il piano di riequilibrio, definendolo “fasullo”: “Questo Comune ha 84 milioni di debiti fuori bilancio, sono stati previsti 70 milioni di spesa per il personale e si evidenzia una massa debitoria che ammonta a 339 milioni di euro (periodo 2014-17). Avevano previsto 31 milioni di trasferimenti all’Atm in 10 anni, proprio all’Atm che produce debiti e fa spese pazze senza coperture finanziarie. E che dire dell’Aman al cui riguardo si parla di un trasferimento di 23 milioni in 10 anni. Tra 57 giorni dovremo stabilire se Messina è al dissesto o se vogliamo rimodulare un piano di riequilibrio fasullo. Ho 500 delibere da portare avanti, dobbiamo decidere se si va avanti, o si cambia registro o se si va a casa“.
Dopo 4 ore di comizio chiede alla folla se deve dimettersi e la risposta plebiscitaria è stata un no. Domenica prossima De Luca farà la seconda parte dell’analisi pubblica dei conti, poi arriverà il momento del bivio finale. La scelta della conferma delle dimissioni o della permanenza alla guida del palazzo.