E i nostri giovani accompagnano la loro rivolta contro le riforme della scuola sulle note dei Maneskin. È il tempo che cambia o forse no. C’è una strana malinconia che attraversa tutte le generazioni e le scompagina oppure le riunisce al ritmo sempre uguale e diverso della musica. Quell’angoscia intesa come sentimento del possibile, avrebbe detto qualche secolo fa un filosofo danese, il precipizio e i sogni che si affacciano sulle nebbie del domani sempre più incerto e brutto.
A 19 anni tutto è ancora possibile e la gioia che accompagna una battaglia è foraggiata da quella voglia di vivere che “scoppia un giorno e non spieghi il perché”.
Che quando arriva ha lo stesso dolce sapore della malinconia, impalpabile come l’aria del mattino, quella che ti attraversa i vestiti leggeri e il cervello non troppo appesantito dalla riflessione matura.
E ti sembra di volteggiare, anzi di librarti in maniera fluttuante. È quasi un esercizio di ragione, una strada tra le nuvole da attraversare scapicollandosi tra gli ostacoli del pensiero dogmatico.
Le ragazze e i ragazzi del Liceo scientifico “Cannizzaro” di Palermo hanno consegnato a noi che giovani lo siamo stati e forse lo siamo ancora, la creatività priva di orpelli di questa generazione sulle note di una canzone dei Maneskin, “Torno a casa”, riadattata in “Il 60 porto a casa”.
Una resa, un pizzino tra le cosce, una busta gialla, un’equazione scritta sulla mano…una scuola che non ascolta più nessuno, un’ansia che si traduce in approssimazione e voglia di togliersi il pensiero.
Le prove Invalsi e i prof sempre più svuotati del loro ruolo. Mille contraddizioni giovani miei, che se la parodia fosse toccata a noi insegnanti cosa avremmo dovuto cantare? Che non bastano più le lauree, le specializzazioni, i concorsi vinti, l’esperienza sul campo, le Gae… lo svilimento della professione e assieme dell’essere umano.
Perché se la massima aspirazione è portare il 60 a casa abbiamo fallito tutti, ma proprio tutti. Ed è l’incertezza della conoscenza che fa male, più delle mille novità dell’esame di Stato.
Anche noi insegnanti precari estrarremo presto le tracce per farne lezioni in sole 24 ore, in una notte, l’ennesima, prima degli esami.
Marlena non ha ancora intenzione di tornare a casa, la notte è lunga e non ci sono le stelle. E se le stelle mancano fa buio e freddo, molto freddo.