L’appuntamento che chiuderà la rassegna #aspettandoilfestino2019, domenica 7 luglio alle ore 18, avrà come protagonista la pala d’altare, opera del pittore Antoon Van Dyck, che si trova custodita all’Oratorio del SS Rosario in San Domenico (Via Bambinai, 2 adiacente alla Chiesa).
“La Santuzza e van Dyck“, questo il titolo della presentazione che prevede una visita guidata a cura di Maria Oliveri, è l’occasione per ammirare e conoscere meglio uno dei capolavori del pittore fiammingo, quello che rappresenta l’incipit di una storia raccontata per immagini, in cui la fede si mescola con la speranza, la cronaca con la leggenda, la sofferenza con la guarigione delle anime, così come si ripete ogni anno nel “miracolo” del Festino di Santa Rosalia.
L’oratorio del Rosario in San Domenico è un piccolo scrigno d’arte, a due passi dal mercato della Vucciria, che ospita anche decorazioni a stucco di Giacomo Serpotta oltre a tele e dipinti di illustri autori quali Pietro Novelli, Guglielmo Borremans e Matthias Stomer.
Sull’altare spicca, invece, l’enorme pala del van Dyck che rappresenta la Madonna del Rosario con il bambin Gesù tra le quattro antiche Sante palermitane e Santa Rosalia.
Il pittore fiammingo si trovava a Palermo quando nel 1624 scoppia il morbo letale e quando, soprattutto, si compì il grande prodigio del ritrovamento sul Monte Pellegrino delle ossa della Santuzza che, portate in processione, salvarono i palermitani dalla terribile epidemia di peste.
La pala d’altare fu commissionata a van Dyck nell’agosto del 1625 e di fatto sostituì la precedente ad opera di Mario Minniti, datata 1621, in cui non compariva Santa Rosalia; qui raffigurata nell’atto di invocare la fine della pestilenza.
Il pittore fiammingo ha il merito di esser stato tra i primi a fissare i caratteri dell’iconografia che caratterizzeranno la rappresentazione della nobile fanciulla normanna, volontariamente eremita, consacrata a Cristo: i fluenti capelli biondi, l’abito di sacco, le rose e i gigli in riferimento al nome Rosalia “rosa-lilium“, il teschio (simbolo della peste), il putto nudo che si tura il naso per i miasmi degli appestati (simbolo dell’uomo che, inerme davanti al male, solo da Dio può essere risanato).
Dalla mano di un giovanissimo pittore straniero ha dunque origine una devozione totale, lunga ormai 400 anni, da parte di un popolo fedele che ogni anno chiede alla sua Patrona la grazia di risanare le ferite e di allontanare il male.
L’appuntamento, ad ingresso libero, gode del patrocinio dell’Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo, Servizio Manifestazioni ed Iniziative della Regione Siciliana.