Cosa c’è di più buono e rinfrescante di una bella e buona granita in queste giornate torride?
In questo articolo ve la racconteremo in modo tale che la sentirete sciogliere in bocca e non potrete fare a meno di uscire e comprarne una alla mandorla, alla fragola, al caffè, ai gelsi, al limone, al pistacchio, all’anguria e chi più ne ha più ne metta. Questa bontà paradisiaca è sicilianità allo stato puro, godimento dei sensi, rievocazione di una indimenticabile tradizione, identità golosa, tanto da ritrovarla sia ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, sia nella serie de “Il Commissario Montalbano” scritta dall’indimenticabile Andrea Camilleri. Gustare la granita è un rito ancestrale, fatto di sapori e profumi che sono inscritti nel nostro DNA.
Origini
Le sue origini vengono fatte risalire alla dominazione degli arabi in Sicilia, che portarono la ricetta dello sherbet, una bevanda ghiacciata composta da succhi di frutta o acqua di rose.
D’altronde, nella nostra isola, esisteva sin dal Medioevo la figura del nivarolo, che si occupava in inverno di raccogliere la neve sull’Etna, sui monti Peloritani, Iblei e Nebrodi, per preservarla dalla calura estiva nelle cosiddette neviere, luoghi naturali o artificiali deputati alla sua conservazione. Il ghiaccio, in estate, veniva, poi, grattato e impiegato nella preparazione di sorbetti ricoperti da sciroppi o spremute.
Nel corso del XVI la ricetta subisce un’importante modifica, la neve iniziò ad essere usata con il sale marino, come refrigerante, e nacque il pozzetto: un tino costruito in legno con all’interno un secchiello in zinco che veniva girato facilmente grazie ad una manovella. L’intercapedine, in questo modo, veniva riempita con la combinazione di sale, neve e chiusa da un sacco di juta. La miscela, congelando il composto del pozzetto tramite la sottrazione di calore e il movimento rotatorio interno delle pale, impediva la formazione di cristalli di ghiaccio. Nel corso del XX secolo la neve fu sostituita con l’acqua e il miele con lo zucchero. Il pozzetto, invece, dalla gelatiera, che diede un impasto più cremoso e ricco di sapore.
Francesco Procopio dei Coltelli
La granita, secondo quanto raccontato al Museo Casa del Nespolo di Acitrezza, frazione di Acicastello, sarebbe stata inventata da Procopio Francesco Cutò, un cuoco vissuto a cavallo tra ’600 e ’700, noto come Procopio dei Coltelli e in Francia col nomignolo di Le Procope.
Si narra che, grazie alla sua permanenza presso il borgo marinaro, in cui veniva smerciata la neve proveniente dall’Etna, affinò le sue tecniche dolciarie fino alla realizzazione della granita.
La tradizione popolare vorrebbe che Procopio fosse un ex pescatore, nato proprio proprio ad Acitrezza, ma i documenti ufficiali attestano le sue origini palermitane. È certo, però, che il cuoco siciliano, fondatore del più antico caffè di Parigi, sia ritenuto ufficialmente il padre dei gelati e il primo ad aprire un locale destinato alla loro vendita.
Ad Acireale, ogni anno, si svolge la Nivarata, il Festival internazionale della granita siciliana, nata per ricordare Don Angilinu Trovato, “‘u gilataru” che, a metà del Novecento, si dedicò alla tradizione artigianale del gelato e della granita nella zone dell’acese.
Curiosità in pillole
Un’antica leggenda narra di Oxiria, giovane principessa fenicia, che, approdata in Sicilia alla ricerca del suo amato, per non far sfiorire la sua bellezza, tra il passar del tempo e le preoccupazioni, utilizzò come rimedio una miscela a base di neve dell’Etna e succosi frutti.
Il termine mezza con panna si riferisce al gusto caffè. Fino agli anni ’50-’70, la granita veniva accompagnata con del pane croccante dalla forma allungata e sottile. Il bicchiere utilizzato, molto diverso da quello attuale, era piuttosto allungato. Oggi ordinare “mezza con panna”, senza specificare il gusto, corrisponde alla richiesta di una granita al caffè con panna e con la brioscia, rigorosamente col “tuppo”.
Un ricordo di Leonardo Sciascia: «Chi si ricorda più della neve che i carretti portavano giù dalle neviere di montagna, coperta di sale e paglia, e di cui per le strade si gridava la vendita e dalle case si accorreva a comprarla a refrigerio delle mense estive? Due soldi di neve, quattro soldi: e la si metteva nell’apposito incavo di certe bottiglie (non ne ho più viste in giro), a far fresca l’acqua, a rendere quei fortissimi vini rossi all’illusione della leggerezza. Mezza lira di neve poi bastava a gelare quell’insieme di acqua, zucchero, limone e bianco d’uovo battuto a schiuma, che era la granita: la granita di una volta che ancora, fortunatamente, in qualche paese fuori mano è possibile trovare.»
E adesso qualche indicazione per preparare delle ottime granite a casa.
Granita al limone
Procedimento:
Un vero classico che si prepara con due soli ingredienti mescolati con l’acqua.
- Fate sciogliere circa 200 g di zucchero in 500 ml di acqua che bolle.
- Lasciate raffreddare il tutto e poi mescolate con 500 ml di succo di limone ben filtrato.
- Ponete in freezer e dentro un contenitore il liquido ottenuto. Il segreto è mescolare ogni mezz’ora per non farlo solidificare completamente.
- Dopo circa tre ore la vostra granita sarà pronta.
Granita alle mandorle
Procedimento:
- Per preparare questa squisitezza, che profuma di Sicilia, basta sciogliere un panetto da 400 g di pasta di mandorle in 1 litro di latte caldo.
- Lasciate raffreddare e riporre il liquido in freezer, mescolandolo con una frusta a mano ogni mezz’ora per circa quattro ore.
- Se non trovaste il panetto, potete utilizzare un qualsiasi latte di mandorla.
- Le granite si sposano benissimo con le brioches, preferibilmente col tuppo.
Buona granita a tutti!