Plagio come incontro fortuito di creatività
Fin da quando ero piccola mi sono state inculcate e trasmesse delle regole di buon comportamento e disciplina in cui io mi sono identificata. Le ho condivise, introiettate e fatte mie. Non mi sognerei mai di rinunciarvi, uno, per il piacere che mi provocano, due, perché ci credo fermamente!
I principi salienti, a esse sottesi, che ho accumulato fino ad oggi sono: non fare agli altri quello che non vorresti fatto a te; sii onesto quando gli altri non possono vederti prima di tutto; nel curare i tuoi interessi devi curare quelli degli altri; non sei una monade, ma sei inserito in una relazione; causa-effetto: ogni cosa, scelta o azione, ha una conseguenza o una serie di conseguenze; il movimento genera sempre cambiamento; un cambiamento in una parte del sistema provoca il cambiamento nel sistema o in un’altra parte del sistema; non esiste fallimento ma una esperienza da trasformare in qualcosa di costruttivo e positivo; datti un valore e sotto quello non andare mai.
In questa panoramica di motti e di linee guida, non c’è assolutamente quello, ormai, d’uso comune che consente di copiare con molta nonchalance e superficialità dagli scritti di autori veraci, senza citarli correttamente. Piuttosto, mi sono ritrovata, frequentemente, a citare nei miei lavori, in nota, persino i passanti o gli interlocutori occasionali dal cui scambio era nata una riflessione, per me, illuminante.
E, quando mi occupo di aforismoterapia, cedo ai miei pazienti i diritti d’autore sugli aforismi che ho indotto loro a ideare con una serie di input. Nel corso della mia esperienza formativa, sono stata talmente colpita dal fatto che mi ritrovavo sempre a essere “copiata”, consapevolmente o meno, che, a un certo punto, mi sono resa conto di poter rivestire il ruolo di Ghost Writer.
Quantomeno, cedo i diritti d’Autore e non me li fregano! Pensavo… Ma non è così.
Il bon ton redazionale vorrebbe una corretta citazione delle fonti e degli autori consultati, anche se si parafrasa una frase, un’idea o si copiano le caratteristiche dei personaggi. Per legge, il Plagio è (o dovrebbe essere) un reato penale, ma vincere una causa di plagio e aver riconosciuti i propri diritti d’Autore dipende da tante variabili (anche psicologiche), dalla bravura dell’avvocato e dalla accuratezza delle prove presentate al giudice. Peccato, però, che depositare le proprie opere alla SIAE non sia considerata una prova sufficiente; che la presenza della © non intimorisca assolutamente i ladri e che, per convincere i giudici che si tratta di un vero e proprio plagio, a nulla valgano persino gli anni di divulgazione dei propri scritti antecedenti alla pubblicazione dell’avversario. Io sono caduta dalle nuvole quando ho scoperto, malauguratamente, che la parafrasi di un’idea, di parole e di personaggi è assolutamente possibile e ritenuta lecita.
L’unica cosa che occorrerebbe avere è una coscienza e la capacità di ammettere che non si ha una propria, personale creatività e che, se si ha bisogno di copiare o prendere spunto da qualcun altro, senza, poi, sentire il bisogno di citarlo, si è del tutto poveri e inadatti al lavoro di “messaggeri” oltre che, dal punto di vista clinico, psicopatici. Quando ci sono diverse coincidenze in uno stesso scritto, che lo legano a quello di un altro autore, non si tratta, dunque, di “evidenti copiature”, ma, in termini giuridici, di “incontro fortuito di creatività”. Questo deve servire a operare una trasformazione in positivo: “non mi hai copiato, ma siamo sulla stessa lunghezza d’onda, tu sei una persona a me tanto affine da scrivere 150 pagine simili, con personaggi uguali. Formazione reattiva conseguente: non ti odio, ti amo!
Certamente, se i due “autori gemelli” si alleassero e unissero le risorse, l’idea dell’uno, i contatti dell’altro, il ricavato delle vendite sarebbe diviso equamente e questo può non piacere a un avaro di denaro e ricchezza, ma è corretto. Questo fenomeno viene spiegato, in altri termini, da R. Sheldrake con la teoria della risonanza morfica, per cui, anche a distanza, due individui assolutamente estranei possono avere medesime idee o stili. L’avevo detto io che si sbagliavano i miei insegnanti di scuola superiore, i quali si convinsero che copiassi. Lo prendevo come un complimento!
È sbagliato giudicare qualcuno, senza avere prove. Non si può dire a qualcuno: “Hai copiato!”, senza dire da dove o senza esserne certi. Non considerando quanto sia offensivo un tale pregiudizio: “Che fa? Non mi ritieni capace?”. Tuttavia, c’è anche un messaggio positivo che mi hanno trasmesso quegli insegnanti: anche se non ho prove che tu hai copiato, anche se il tema è compiuto, non è giusto parafrasare da altri, ovvero: “parafrasare è uguale a copiare”. Oggi si chiama diffamazione. Se si accusa uno di plagio, con tanto di relazione sinottica delle similitudini riscontrate mettendo in parallelo i due libri, si rischia la controdenuncia.
La vittima, quindi, diventa carnefice e doppiamente vittima. Per questo, oggi si può parlare di Adagio d’Autore sugli allori di altri. Ormai, nessuno si spaventa più di agire illecitamente e illegalmente. I farabutti conoscono così bene la legge e hanno così poca coscienza da riuscire a farla franca il più delle volte, dichiarando il falso o appellandosi a chissà quali diritti. Cionondimeno, occorre fare la differenza e non unirsi alla mischia. Se la strada è piena di spazzatura, non si è giustificati a buttare la carta per terra.