Un’altra grande opera infrastrutturale, dopo il Ponte, è al vaglio del Mit. Si tratta di una vecchia conoscenza, certamente non nuova alle cronache e che già aveva diviso, e non poco, le opinioni sulla sua effettiva utilità. Fonti siciliane della Lega a Roma hanno fatto trapelare che il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile stanno valutando il progetto di fattibilità dell’aeroporto che potrebbe ben presto sorgere nell’Agrigentino.
Nulla ancora è certo o è stato stabilito, ma l’idea di veder tornare in auge un vecchio sogno, conservato per molti anni nel cassetto, ha riacceso la speranza di chi all’epoca lo aveva appoggiato. Tra chi lo aveva sostenuto c’era anche Carmelo Pace, oggi deputato all’Ars, ma già vicepresidente della provincia quando si svolgevano le prime battaglie. “Le mie – ha dichiarato l’esponente della Dc – sono valutazioni assolutamente positive, alla provincia eravamo arrivati al punto di attuare proteste eclatanti. E’ un’occasione di sviluppo. Gli aeroporti sono i veri ponti con cui la gente si sposta, non solo nel settore del turismo. Non avere un aeroporto significa essere tagliati fuori dai contesti economici internazionali“.
Le sue prime tracce risalgono al 2005, con l’allora governatore Totò Cuffaro, quando l’assessorato al Turismo della Regione Siciliana emanò un’integrazione del piano attuativo del Piano regionale dei trasporti e della mobilità (decreto numero 163/GAB del 17 novembre 2004), inserendo “l’aeroporto centro meridionale di Agrigento come evoluzione della domanda di trasporto aereo dello scalo aeroportuale come polo turistico“. Durante la sua permanenza a Palazzo d’Orleans, il segretario nazionale della Dc arrivò anche a destinarvi 35 milioni di euro, ritenendolo funzionale ed essenziale per lo sviluppo del territorio. Oltre a scatenare le polemiche di imprenditori e sindacati, Cuffaro entrò anche in pieno conflitto con l’Enac, l’Ente nazionale aviazione civile, e l’allora presidente Vito Riggio, che ritenne sufficienti le infrastrutture già esistenti.
Dopo un lungo muro contro muro non se ne fece più nulla, tranne poi tornare alla ribalta in questi mesi, con la spinta alla Camera di Ida Carmina (M5s) e di Calogero Pisano (Noi Moderati) e il progetto presentato dal commissario straordinario del Libero Consorzio dei Comuni di Agrigento Giovanni Bologna. Oggi si parla “di uno studio economico finanziario per la realizzazione di uno scalo aeroportuale a servizio della provincia di Agrigento e della fascia centro meridionale della Sicilia, con un progetto che prevede un notevole bacino di utenza per un’opera pubblica fondamentale per il rilancio socio-economico del territorio“.
Resta ancora da capire dove sorgerà l’opera. Nel passato tante sono state le opzioni al vaglio, dalla piana di Racalmuto a quella di Licata, ma in ogni caso l’aeroporto di Agrigento sarebbe così il settimo della Sicilia, dopo Palermo, Catania, Trapani, Comiso, Lampedusa e Pantelleria. Esiste il rischio di avere un territorio fin troppo “affollato“? Per Pace il problema non si porrebbe: “In Sicilia dobbiamo preoccuparci quando c’è qualcosa in meno. Il lembo di terra in cui dovrebbe nascere è privo di autostrade e di una linea ferrata, è un’area completamente tagliata fuori“.
Ma allora perché da ormai vent’anni la realizzazione dell’infrastruttura è rimandata a data da destinarsi? Il deputato ne è convinto: “Il costo sarebbe pari a zero se fosse realizzato dai privati, ma anche se fosse finanziato con risorse pubbliche si parlerebbe comunque di cifre irrisorie. Ci sono motivazioni diverse da quelle economiche, probabilmente un altro aeroporto in Sicilia significherebbe concorrenza ai grandi aeroporti della regione. Per me un sito vale l’altro ma vale la pena condurre queste battaglie e tentarci“.
Una sfida, dunque, dalle mille sfaccettature. Intanto considerando le vaste realtà a cui Agrigento si sta affacciando dopo la conquista del titolo di Capitale italiana della cultura per l’anno 2025. Nonostante il grande entusiasmo iniziale, preparare la città al meglio non si è rivelato affatto semplice, tra difficoltà e introvabili punti di incontro. Un riflettore così importante donerà parecchia visibilità a un territorio già a grande vocazione turistica e che certamente negli anni a seguire potrà continuare a cavalcare l’onda. Poi c’è un altro aspetto che renderebbe aeroporto agrigentino un’eccezione rispetto ai suoi “fratelli“. L’apertura verso una gestione privata denoterebbe un passo avanti, in linea con quanto già avviene in Italia. In Sicilia la gestione degli aeroporti è ancora pubblica, ma le intenzioni enunciate dalle autorità politiche, tra cui il presidente Schifani, sembrano condurre verso un’unica direzione: quella dei privati.