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L’amore non elemosina nulla, si prende e basta

venerdì 3 Agosto 2018

Oggi proverò a rispondere a Mauro, un lettore, che mi scrive: Mi piacerebbe leggere un articolo su come comportarsi con persone aggressive negative e con persone che ti offendono nonostante si dimostri affetto e comprensione. L’argomento è davvero complesso e vasto e io non posso che sentirmi grata e onorata per avere la possibilità di esaudire la richiesta che tenterò di soddisfare al meglio nei limiti imposti dalla mia rubrica.

Io partirei tentando di spiegare cosa sia l’“Amore”. Non basta un articolo per definire questa parola oscura. Nel lemma greco corrispondente “Agape” troviamo esplicati i quattro modi in parte differenti di coniugare questo verbo. Nel primo, si parla di amore “divino” (agape, in greco), nel secondo, di un “banchetto rituale” (agapè, in italiano), nel terzo, di “moderate distanze nei rapporti”, nel quarto, di “amore-bisogno”, “amore-dono” e “amore fra bisogno e dono”. Il minimo comune multiplo, radice o matrice, è sempre lo stesso: amore. L’amore incondizionato e disinteressato di un genitore, l’amore fraterno di un amico, l’amore per la convivialità, la condivisione, la compagnia e l’aggregazione. Un bisogno insito nella natura umana che si muove, di pari passo o in contrasto, con una forza eguale e contraria costituita dall’amore rivolto verso se stessi, quello che crea distanze, differenze e misure (dell’ego piuttosto che dell’altro). Non sarà mai scontato, banale o “da sfigati” trovare in un abbraccio o nella compagnia degli amici l’appagamento di questo desiderio che è anche un bisogno fondamentale per ciascuno di noi: di essere amati, confermati, riconosciuti, apprezzati, parte di qualcosa o qualcuno.

Il principio implicito in qualunque relazione è quello dello scambio equivalente, il che non vuol dire affatto che non sia necessario dividersi i ruoli, definirli, essere capaci di scambiarsi di posto, ogni tanto, come di non pretenderlo sempre e comunque.

C. S. Lewis ha suddiviso l’amore in due categorie: “amore-bisogno” e “amore-dono”. Io ne ho sottolineata un’altra ancora che è la risultante della somma di queste due forme d’amore. Nel primo caso, si ha una (co-) dipendenza psicologica ed emozionale dalla persona amata, per cui si tende a elemosinare tutto, dalle attenzioni al resto. Ho, di recente, ben espresso in un aforisma quanto sia sbagliato evolutivamente questa condizione dell’Io: Il mare non elemosina amore né nulla, si prende e basta!

L’attrazione non è una scelta, non ci infogniamo con un determinato partner senza una ragione specifica, sempre evolutiva. Il matrimonio non è e non deve essere affatto una tomba, ma uno scambio e un sostegno reciproco che porti alla co-evoluzione, alla cura di entrambe le parti, al miglioramento dei rispettivi micro sistemi. Tutto è da rintracciare nell’infanzia dei due soggetti in causa che riproducono nelle relazioni intime le distonie comportamentali acquisite, mettendo in scena i copioni che hanno iniziato a memorizzare fin dalla più tenera età, quando erano feti nella pancia della madre e, prima ancora, portando con sé un bagaglio genetico che è fatto anche di esperienze e mentalità ereditate.

Chi viene trattato male e chi maltratta ha dei disturbi dell’autoregolazione, la cui caratteristica principale è proprio una menomazione degli affetti e delle emozioni, da cui consegue una deficienza nella capacità di regolare il pensiero e il comportamento e una sostanziale disforia e bipolarità.

Da bambini ci identifichiamo con i genitori, ne introiettiamo, inconsapevolmente, le caratteristiche di base, facendole nostre. Anche quelle caratteristiche odiate o criticate, da adulti, prendono il sopravvento e tendiamo ad assomigliare molto a loro. Se la madre ha, ad esempio, delle buone condotte igieniche, tuttavia tendenti alla nevrosi, da adulti, per quanto le biasimassimo, tenderemo a metterle in atto. Direi che una buona parte del lavoro sul Sistema familiare consista nel persuadere che i figli non sono “estensioni narcisistiche di se stessi”, che non si devono sempre criticare, disarmare, scoraggiare, anche se si ritiene che quello che sta facendo sia un’inutile dispendio energetico. I figli sono persone, il cui volere e personalità vanno riconosciuti e accettati, anche perché si tratta, probabilmente, di un necessario errore evolutivo, che devono fare per potere crescere e andare oltre o meta.Per evitare di condizionare in negativo la persona amata, figlio o partner, è essenziale declinare la parabola dei porcospini ideata da Arthur Schopenhauer. Tale modalità comportamentale difensiva dovrebbe suggerire una certa moderazione e misura all’interno dei rapporti umani: né troppo vicini né troppo lontani. Troviamo la giusta distanza reciproca fra noi e gli altri porcospini.

Non siamo mai così privi di difese come nel momento in cui amiamo e ci perdiamo fra le braccia dell’altro, dice Freud. D’altronde, è un insieme di ingredienti che rendono l’amore a manysplendoredthing.

Gli eccessi sono sempre indice di distonia. Masochismo e sadismo, insicurezza antologica e ontologica, da un lato, mania di controllo e protagonismo, dall’altro, generano stress, tensioni, emozioni tossiche e negative (rabbia, frustrazione, senso di impotenza). Tutto questo mette l’organismo in allarme e attiva processi di riparazione che possono non andare a buon fine. Da qui, malattie psicosomatiche o somatopsichiche: quale componente prevale di più? La sofferenza (pathos) minaccia il corpo destinato a deperire e a disfarsi. Non si può eludere dai segnali (sintomi) di allarme che sono il disagio, il dolore e l’angoscia (Freud 1929).

Concludo con una frase di Dickinson, come indicazione per noi curanti e anche per i pazienti: Per colmare un vuoto devi inserire ciò che l’ha causato. Se lo riempi con altro ancor di più spalancherà le sue fauci.Non si chiude un abisso con l’aria.

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