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L’analisi di Filippo Romano sul dissesto economico della città di Messina

giovedì 17 Agosto 2017

Lo Stato, come anche la Regione, taglia le risorse e le Province vanno sempre più in difficoltà, sino ad avviarsi come nel caso della Città Metropolitana di Messina, verso il dissesto.
E’ il passaggio fondamentale, l’atto d’indirizzo con il quale, attraverso un’analisi puntuale e precisa delle dinamiche finanziarie dell’ente, il commissario Filippo Romano analizza la prospettiva ineludibile del dissesto e chiede al sindaco Renato Accorinti di avviare l’iter per Palazzo dei Leoni. 
A fronte del progressivo assottigliamento delle risorse ordinariamente trasferite dallo Stato – evidenzia Romano – i trasferimenti regionali, soprattutto negli esercizi più recenti, hanno pertanto acquisito un’importanza centrale ai fini del finanziamento dell’attività istituzionale e della continuità nell’erogazione dei servizi e del pagamento degli emolumenti del personale“.
In merito si deve rilevare – continua il commissario – che si è andata diffondendo nella communis opinio politica l’erronea convinzione che all’eventuale ripiano delle carenze fi­nanziarie, cagionate agli enti intermedi siciliani dalla Legge finanziaria per il 2015 con il noto “contributo” provinciale all’erario statale, debba provvedere la Regione stessa in virtù di una autonomia finanziaria che tuttavia non è giovata a tutelare gli enti isolani dal contri­buto medesimo, mentre si è rispettata l’autonomia regionale  nel non applicare alle ex province dell’Isola la fuoriuscita del 30%/50% del personale, con il conseguente risparmio di spesa; ne è conseguita una situazione ingestibile delle finanze provinciali“.
Di riflesso è venuto a mancare il necessario equilibrio tra le entrate e le uscite nei conti di Palazzo dei Leoni, con l’azzeramento dei trasferimenti regionali per le spese d’investimento e il mancato impegno finanziario per manutenzione delle strade o per i servizi trasporto destinati agli alunni disabili nonché la gestione dell’edilizia scolastica.
In tale contesto il mantenimento dell’equilibrio corrente – ha aggiunto Romano – è stato garantito solo attraverso l’applicazione dell’avanzo di amministrazione e mediante operazioni di rinegozia­zione dei mutui con la Cassa Depositi e Prestiti. Per l’ esercizio finanziario 2017, tuttavia, tali operazioni non appaiono più ripro­ponibili, e questa Città Metropolitana di Messina ha dovuto riferire alla Corte dei Conti  l’impossibilità, allo stato, di chiudere il bilancio 2017 in pareggio, per via dello squilibrio di 25 milioni tra le entrate (57 milioni) e le spese rigide (81 milioni, di cui appunto 25 milioni per contributo alla finanza pubblica e 3 milioni per sanzioni con­nesse a pregresse inevitabili violazioni del patto interno di stabilità), che vede nella forma­lizzazione del dissesto finanziario l’unica soluzione possibile“.
Romano indica l’esigenza di “formulare ai competenti organi dirigenziali della Città Metropolitana specifico atto di indirizzo, finalizzato al compimento di tutte le attività di rispettiva competenza in ordine al definitivo accertamento dei presupposti di legge, ed alla successiva predisposizione degli atti necessari alla dichiarazione di dissesto finanziario ai sensi delle vigenti normative; impegnare conseguentemente il Sindaco Metropolitano a proporre la adozione di apposito decreto di proposta di dissesto a questo Commissario straordinario nell’esercizio delle proprie funzioni di Consiglio Metropolitano“.
Romano, dunque, richiama a più riprese nella sua relazione gli effetti pesantemente negativi della “progressiva riduzione dei trasferimenti statali operata per effetto delle manovre di finanza pubblica nonché dai diversi provvedimenti aventi ad oggetto il Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale“.
Si è poi registrata – continua il commissario – una progressiva erosione per via di alcuni interventi normativi. La legge finanziaria per il 2015 ha previsto, con il riassorbimento da parte delle Regioni delle funzioni conferite alle province a seguito della Riforma Bassanini, il ritrasferimento alle stesse o ad altri enti pubblici del 50% del personale provinciale e del 30% del personale delle città metropolitane, con cor­relato ma non subordinato obbligo di contribuzione all’erario statale per una somma complessiva di un miliardo di euro (8,5 min di euro per la Città metropolitana di Mes­sina), per l’anno 2015 di due miliardi di euro (17 min di euro per la Città metropolita­na di Messina) per l’anno 2016 e di tre miliardi di euro (25 min di euro per la Città metropolitana di Messina) per l’anno 2017 e successivi a regime“.
La riduzione di personale – si legge ancora nelle note di Romano – non si applica agli enti intermedi della Regione Siciliana in virtù della potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali si applica, invece, il correlato obbli­go di contribuzione all’erario statale poiché trattasi di norma di coordinamento della finanza pubblica; le conseguenze di ciò per la stabilità dei bilanci  sono gravemente lesive, e per la ex provincia di Messina, comportano a re­gime un sostanziale “taglio” di 25 milioni di euro su un bilancio di 62 milioni con spesa di personale che al 2014 ammontava a 38 milioni di euro e che questa gestione commissariale con molta fatica è riuscita a ridurre a 30 milioni di euro; la stessa Corte dei Con­ti ha evidenziato che il meccanismo di operatività del contributo forzoso e la sua evoluzione hanno presentato un impatto sempre più rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità in­terno 2015 e del saldo finale di competenza mista 2016; vi è in sostanza un trend di crescita del contributo alla finanza pubblica a carico delle ex province“.
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