Vittorio Sgarbi ha annunciato di volersi candidare come presidente della Regione.
Quando nel resto del Paese qualcuno ha bisogno di sentirsi migliore scende in Sicilia. Si immerge in un bagno di purificazione necessario, rende solari le evidenze, spiega dalla cattedra a voce alta e con chiarezza.
Pontifica con bravura sui ritardi, la doppia velocità dell’economia e catechizza sul cambiamento necessario. Scomoda sino all’eccesso i luoghi comuni che trova sempre al solito posto, abitudinari e omologati, sciorinandoli persino con pigrizia lessicale a buon mercato (si cambia per non cambiare, terra irrredimibile, laboratorio, luogo del privilegio che non si vuole scalfire).
Se poi il professore è renziano c’è l’aggiunta retorica che dalla “Sicilia può ripartire l’Italia”. La verità che non ci serve e non ci porta niente di nuovo, ci viene rinfacciata ed esibita con la bravura dei falsi sapienti. Mai visto uno che sta meglio quando gli spiegano tutti gli errori che ha commesso.
Michele Serra, intervistato ieri da Repubblica Palermo, ha fornito invece in poche battute e senza spocchia un quadro essenziale di quello che può e deve servire alla Sicilia della ’Ripartenza’: «Non lamentatevi e imparate l’arte della normalità».
Serra poi ha svolto in dettaglio alcune specifiche considerazioni prima di arrivare al cuore del suo messaggio: «Forse la Sicilia dovrebbe imparare a considerarsi un poco “meno speciale”: sarebbe un’iniezione di normalità, le farebbe bene. Non so, per esempio, quanto la mentalità mafiosa sia ancora egemone nella vita quotidiana e nei comportamenti. Mi limiterei a suggerire ai miei fratelli siciliani di lamentarsi il meno possibile. La lagna è diventata la modalità, insopportabile, dell’Italia contemporanea».
In Sicilia la volontà di recuperare, attraverso misure eccezionali ha partorito ‘la Rivoluzione’ di Crocetta, cinque anni fa, che si sta concludendo con una approssimativa e confusa restaurazione.
Con le Province, più o meno al loro posto, l’ufficio stampa della Regione, smantellato dal governatore con faciloneria premurosa, pronto a tornare al suo posto, emergenze sparse qua e là di rifiuti, incendi, precari, tanto per non farsi mancare niente, che sono rimaste fedeli compagne di viaggio di questi anni.
Aspettative fuori posto e oltre misura hanno creato delusioni proporzionali disorientando e creando disaffezione ulteriore.
Il recupero della normalità si impone. L’eccezionalità delle emergenze ha prodotto la vera normalizzazione dei disastri siciliani. Accettati perché non si poteva fare diversamente.
Se la politica non recupera un passo veloce, fatto non di tutto il possibile e immaginabile, categoria che si annulla in sé in partenza, ma di concetti chiari e aderenti ai bisogni, non solo l’affluenza alle urne scenderà ancora, ma soprattutto, daremo ancora il fianco, senza potere replicare nulla, a chi ci considera ‘i poveri e superbi del Paese’.
Se Crocetta ha vinto usando un linguaggio fatto di archetipi da rovesciare e poi non ha trovato il modo per portare a compimento la sua rivoluzione, la colpa è di chi vuole credere ai miracoli senza rimboccarsi le maniche.
Ai politici siciliani che annaspano nella chiarezza delle scelte in maniera quasi commovente, va chiesto di non annichilire il popolo che ancora rimane in paziente attesa, con ‘i trappoloni’ linguistici e gli spot a raffica. Dicano, senza troppe perifrasi, le ragioni per le quali chiedono di essere scelti.
La normalità richiesta alla Sicilia è fatta di comportamenti quotidiani, di richieste plausibili, di clientele rinnegate, di particolarismi abbandonati, di consapevolezze che non si subiscono e si accettano nella condivisione di un tempo di transizione necessario all’Isola, ma che si vuole veloce e reattivo.
Un cambiamento culturale s’impone, per ridurre le differenze, con umiltà ed essenzialità.
Si continuano a rincorrere le formule, l’accordo nel centro destra è evocato da Berlusconi come il padre con i figli che litigano per l’eredità. Orlando vuole mani libere e non prende impegni con il centro sinistra se non lo ascoltano.
Il siciliano delle urne dunque si attrezzi per l’ascolto. Recuperi per come può la normalità e distinguerà da solo, senza bisogno di straordinarietà, il bluff dall’azzardo, la normalità dall’impostura.
Non c’è più tempo per l’eresia.