Il dovere della Storia, il dovere della memoria.
All’indomani del crollo del muro di Berlino e della dissoluzione dell’Unione Sovietica molti profetizzarono la fine della storia e la nascita di un mondo nuovo con un pieno sviluppo della democrazia dal momento che la contrapposizione, la competizione tra due ideologie e sistemi antagonisti si era conclusa. Un abbaglio, un errore di valutazione e di comprensione di ciò che era accaduto e cosa richiedeva quell’evento storico.
La storia da questo punto di vista è immortale, non ha mai una fine e così si è ripresa la scena presentandoci un mondo in cui si sono accentuati le contrapposizioni politiche, religiose, razziali, sono nati nuovi integralismi a cominciare da quello islamico. Terrorismo da una parte, guerre di aggressione a Stati sovrani, vi è quasi da rimpiangere il vecchio “equilibrio del terrore” che tuttavia aveva assicurato un lungo periodo di pace, in particolare modo all’Europa consentendone la ripresa e lo sviluppo dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.
Lo scenario che oggi abbiamo di fronte presenta, infatti, seri rischi di conflitti nucleari che preludono alla distruzione del pianeta già aggredito dai cambiamenti climatici, dalla distruzione della natura, mentre le democrazie arrancano e arretrano essendo ormai una minoranza rispetto a paesi dominati da dittature feroci e da varie forme di totalitarismi.
Siamo in presenza di scenari inediti, a nuove contraddizioni, nuovi contrasti nuove complessità mentre gli organismi sovrannazionali creati dopo la fine della seconda guerra mondiale come l’Onu per governare i conflitti in modo pacifico e collaborativo è ormai da considerare un ente inutile.
Di fronte a questa realtà sarebbe saggio affrontare queste nuove sfide attrezzandosi con nuovi strumenti, uscire dalle semplificazioni e superficialità, in sostanza riscoprire la Storia nel momento in cui il presente sembra annebbiare il passato e annullare il futuro.
L’omologazione, subita in virtù della globalizzazione, la velocità e l’annullamento dello spazio e del tempo in virtù dello sviluppo straordinario della tecnologia ha cancellato vecchie differenze e prodotto di nuove, apparentemente senza passato e di conseguenza senza futuro.
Negli anni del “Sessantotto” quelli della mia generazione ricorderanno il grande successo editoriale che ebbe un libro del sociologo americano Herbert Marcuse, << L’uomo a una dimensione>>, prefigurando il fenomeno che Pier Paolo Pasolini chiamò della “ omologazione” in cui si cancella ogni traccia di identità e diversità, già descritta da George Orwell nel suo libro “1984” in cui disegna la cupa profezia di un mondo tutto unificato e standardizzato, profezie che si sono diventare realtà nonostante la ripresa di conflitti armati, di odi razziali, e fanatismi religiosi che però gli imponenti sviluppi delle tecnologia nei campi soprattutto della comunicazione, dei trasporti, dei consumi, non riescono a limitare.-
Ecco perché l’auspicio più importante per il nuovo anno dovrebbe essere per la ripresa del dialogo, costruire itinerari di pace e di reciproca comprensione dei problemi e delle esigenze di ciascun popolo.
Nessuna invocazione “ buonista”. Sappiamo bene che gli scontri e le guerre sono intrinseche alla storia dell’umanità e che sarebbe utopia pensare ad una loro repentina scomparsa, tuttavia a questo si può contrapporre il dialogo, la comprensione reciproca, il compromesso.
Per questo ritorna prepotentemente l’esigenza di riscoprire la Storia come unico antidoto al veleno dell’integralismo, un veleno diffuso che non risparmia, religioni, politiche, leggi, governi e che produce paure e intolleranze. Speriamo che questo 2025 sia l’anno buono.
ELIO SANFILIPPO