Belle donne al mercato del Capo di Palermo, tra le bancarelle di pesce e verdura incastonate tra palazzi fatiscenti e chiese barocche che lasciano senza fiato. Modelle che si aggirano tra gli avventori e i venditori di uno dei mercati più affascinati della città, dove il tempo sembra essersi fermato, sospeso come un sospiro in un passato che non vuol passare. E le voci abbaniano ora lo zenzero, ora le seppie, mentre la povertà corre veloce e va a nascondersi tra i bassi senza luce e acqua, trasformati in appartamenti di fortuna.
Il Capo sfavilla di colori, lo sanno bene Dolce & Gabbana. Come sanno che la Sicilia, nelle sue mille contraddizioni, può essere teatro a cielo aperto, passerella folkloristica per i loro clienti miliardari. E allora la genialità può confondere il luogo comune. Una modella “normanna” indossa il panaro sulla testa che probabilmente diventerà una borsa da migliaia di euro. Un’altra siede su una vespa col suo vestito succinto pieno di cuori, altre interagiscono con gli abitanti del luogo. Sembrano tante “santuzze” incoronate ad hoc per raccontare la bellezza della santità presa in prestito dalla moda.
E che sarà mai? In fondo è tutta pubblicità gratuita per la nostra città. Ma ad un osservatore attento non può sfuggire la dicotomia volutamente sottolineata da questa scelta. Da un lato i vestiti maculati, dall’altro i sorrisi sdentati di chi non arriva a fine mese. Sbattuti in bella vista come un favore fatto ai panormiti.
Ma ai vestiti di Dolce & Gabbana, preferisco di gran lunga l’elegante compostezza di un’altra modella, una donna bellissima ed eterea che in silenzio ha tenuto compagnia alle donne e agli uomini del Capo. La meravigliosa Demetra liberty che coi suoi piedi scalzi e le sue pietre preziose ha saputo ricordare a tutti che Palermo è stata davvero capitale di bellezza e cultura. Se ne stava lì con le sue vesti dorate, tra il mito di un’epoca elegante e la decadenza del presente. Oggi restaurata, non è tornata ancora nella sua casa. Non sappiamo se questo sia un bene, ma una cosa è certa noi non la meritiamo.
Se la scelta dei due stilisti fosse stata ispirata alla “Pupa del Capo”, alla sua straordinaria importanza artistica declinata tra i sentieri della moda, ne avremmo colto il senso più profondo. Ma è troppo semplice ricordarsi del fascino dei nostri suq ad hoc, solo per confezionare pacchetti da vendere agli appetiti esotici del mercato internazionale.
E Palermo ha bisogno di un’economia reale, dal volto umano, qualcuno direbbe. Concreta, quotidiana, pragmatica. Altrimenti lasciamola in pace, evitando di farcirla coi soliti luoghi comuni che piacciono tanto agli altri e meno ai siciliani.