Se non ci fossero preoccupanti venti di guerra a spirare da oriente, dall’Ucraina al Medio Oriente, verrebbe da pensare ad una manovra per strizzare l’occhio a quanti sognano, specialmente al Sud, una occupazione stabile nelle Forze Armate. Ma la Revisione dello strumento militare con cui si sta confrontando il Parlamento è destinata a rispondere ad esigenze ben specifiche dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica del nostro Paese e chiaramente anche alle preoccupazioni che l’attuale contesto geopolitico desta nel Governo italiano e nelle cancellerie di mezza Europa.
I nomi tecnici – Atto del Governo 57 e Disposizioni in materia di revisione dello strumento militare – sono come sempre criptici ma la sostanza di questo provvedimento del Governo Meloni è una: entro il 2034 ci saranno diecimila militari in più, facendo balzare le Forze Armate dall’attuale organico di 150 mila a ben 160 mila unità.
Il provvedimento, sfornato nel Consiglio dei Ministri dello scorso 17 luglio, viaggia spedito: tra fine settembre e l’inizio di ottobre ha ricevuto i pareri favorevoli delle commissioni Difesa e Bilancio del Senato e della Camera e adesso si prepara ad affrontare le Aule dei due rami del Parlamento.
Ma cosa prevede la cosiddetta “Revisione dello strumento militare”? Il testo è molto snello, appena quattro articoli, che ridisegnano la consistenza e la qualità delle Forze Armate italiane incrementando, entro il 1° gennaio 2034, di 10.000 unità l’entità complessiva delle dotazioni organiche dell’Esercito italiano, della Marina militare (escluso il Corpo delle capitanerie di porto), e dell’Aeronautica militare.
Le 10.000 nuove unità di personale verrebbero distribuite nel seguente modo: 3.700 unità all’Esercito, 3.250 alla Marina militare e 3.050 all’Aeronautica militare.
L’incremento di personale, secondo il documento, riguarderebbe per il 50 % ufficiali e sottufficiali e per il restante 50% graduati e militari di truppa.
Una vera e propria inversione di tendenza se si pensa che tra il 2000 e il 2012, a seguito della professionalizzazione dello strumento militare e delle esigenze di spending review, il personale militare è calato da 190 mila a 150 mila unità.
L’aumento del personale delle Forze Armate nelle intenzioni dei vertici della Difesa risponde al progressivo incremento degli impegni assunti dalle Forze armate, in ambito nazionale e internazionale, determinato dall’accresciuta complessità e instabilità dello scenario globale, dalla necessità di ampliare le competenze e dei compiti delle Forze armate in nuovi domini (tra cui in particolare spazio, cyber e minacce ibride) e dal maggiore coinvolgimento delle Forze armate in eventi di pubblica calamità e in situazioni di emergenza e necessità come ha dimostrato la pandemia da Covid-19.
La Revisione dello strumento militare non prevede però solo un aumento numerico ma pone una decisa attenzione sulle specializzazioni strategiche del personale di Esercito, Marina ed Aeronautica. Più militari ma anche più preparati. Così le nuove leve militari saranno addestrate in ambiti come la cyber sicurezza, il dominio spaziale e l’infrastruttura logistica. L’Esercito in particolare grazie all’incremento di 3.700 unità rafforzerà la sanità militare, con il potenziamento delle infermerie presidiarie, del Policlinico “Celio” di Roma e del Centro Ospedaliero Militare di Milano, il sostegno logistico, il genio infrastrutturale, le capacità cyber e quelle CBRN (chimiche, biologiche, radiologiche e nucleare) nonché la componente di ingegneri destinati a collaudi, omologazioni e sperimentazioni di mezzi, sistemi e materiali.
Medici, tecnici di laboratori, ingegneri, genieri, logisti dei trasporti e dei materiali, informatici andranno a rafforzare anche i ranghi della Marina e dell’Aeronautica.
Gli aumenti riguarderanno anche le stellette: il documento prevede infatti un lieve aumento, il 5%, dei colonnelli e dei generali che si attesteranno così a 119 unità.
I diecimila militari in più non peseranno però sulle casse dello Stato come si è preoccupato di precisare fin da luglio il dicastero di via XX Settembre: “l’intervento — precisa la nota del ministero retto da Guido Crosetto — non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in quanto è realizzato entro limiti di spesa compatibili con i risparmi conseguiti a seguito dell’attuazione del processo di revisione dello Strumento militare”.