Nel nostro racconto, in cui protagonista è il gelsomino e le sue raccoglitrici, le Gelsominaie, la leggenda incontra la realtà e l’incanto, la cruda realtà. Partiamo con delle curiosità che riguardano il profumatissimo fiore con la forma di stella, molto apprezzato dagli antichi tanto che ne sono stati rinvenuti dei piccolissimi frammenti sulla mummia di un faraone nella necropoli di Deir-el-Bahri in Egitto e, ancora oggi, dai paesi arabi in cui è diffusa la credenza che il paradiso sia avvolto dal suo irresistibile profumo.
Profumo di leggende
Dalle curiosità alle leggende, che lo accompagnano, il passo è breve. Una di queste narra che Kitza, la madre di tutte le stelle, trascorreva il tempo, nel suo palazzo adagiato tra le nuvole, a cucire abiti d’oro per tutti i suoi figli, gli astri del firmamento. Un giorno, però, si presentarono al suo cospetto delle stelline tristi perché le loro vesti non brillavano a sufficienza. Accogliente e materna, pur cercando di calmarle, le invitò con dolcezza a lasciarla per permetterle di completare la sua opera; ma, proprio nel momento in cui i toni accesi delle une incontravano quelli rasserenanti dell’altra, passò, nelle vicinanze del castello, Micar, il Re degli Spazi, che, infuriato per le lamentele delle piccole, le cacciò dal cielo, strappando i loro abiti e scagliandole sulla Terra. Trascorsi alcuni giorni, la misteriosa Bersto, la signora dei giardini, notando la disperazione della regina, decise di trasformare le stelline cadute dal cielo in stelline terrene, facendo così nascere i gelsomini.
Un’altra ha per protagonista Cosimo I de’ Medici che, innamoratosi di questo fiore e volendone essere l’unico possessore, proibì ai suoi giardinieri di portar via persino i ramoscelli recisi. Il più giovane tra questi, però, contravvenendo all’ordine del suo signore, ne regalò un tralcio, nel giorno del suo onomastico, alla fidanzata che, apprezzando moltissimo il dono, decise di interrarne il rametto, che rifiorì la primavera successiva, diventando una splendida e vigorosa pianta, che arricchì lei e il suo futuro sposo, viste le tantissime richieste di chi, ammirandola, la richiedeva. Da allora in Toscana la tradizione vuole che le spose aggiungano un rametto di gelsomino al bouquet di nozze, in memoria della fanciulla vissuta al tempo dei Medici, come simbolo di buona fortuna e prosperità. Nel linguaggio dei fiori tanti e variegati sono i suoi significati: si passa dai paesi iberici in cui rappresenta la sensualità, a quelli arabi, l’amore divino e, per finire, all’Italia in cui richiama la fortuna.
Odore di realtà
Questo nostro innesto storico ha per anno il 1930 e come luogo la piana di Milazzo, in provincia di Messina, che si presentava come una meravigliosa distesa di gelsomini, che venivano raccolti da più di duemila donne note come “Le Gelsominaie“, per poi essere inviati alle fabbriche, che ne estraevano il profumo. Nell’agosto del 1946, Grazia Saporita, la capopopolo, definita la Bersagliera, immaginiamola come una giovane Gina Lollobrogida che si faceva valere in “Pane, amore e fantasia”, munita di un bastone, andò a convincere, casa per casa, le altre colleghe, timorose, ma consapevoli di essere sfruttate, della necessita di una protesta per far valere i propri. Tutte assieme si recarono a occupare il Commissariato, richiedendo che il salario fosse aumentato da 25 a 50 lire al chilo, cosa che ottennero, arrivando, in seguito, a 80-90 lire e, nel 1975, a 1050 lire e, inoltre, stivali in dotazione, che ne proteggessero i piedi dal terreno fangoso; grembiuli contro l’assalto degli insetti; cesoie per facilitare la raccolta e, soprattutto, un orario di lavoro più accettabile.
Prima di ottenere questi successi, però, molte di loro furono arrestate e trattenute per alcuni giorni nelle camere di sicurezza. La protesta dalla Sicilia varcò i confini regionali e raggiunse le raccoglitrici di olive pugliesi che, nel 1959, organizzarono anche loro una rivolta per migliorare le loro condizioni lavorative. Purtroppo, quando l’inebriante profumo del gelsomino iniziò ad essere prodotto chimicamente, a Milazzo questa coltivazione sparì e, con essa, le Gelsominaie; nel 2013, però per eternarne la storia il Comune di Milazzo ha intitolato una strada a queste lottatrici e lavoratrici coraggiose. Come le Mondine furono protagoniste di “Riso amaro” di Giuseppe De Santis, chissà che le Gelsominaie non possano diventare protagoniste della Settima Arte, con un film, il cui titolo, la buttiamo così, potrebbe essere: “Il Profumo dolce della vittoria”.
Chiudiamo con Virginia Woolf: “Le donne devono sempre ricordarsi chi sono, e di cosa sono capaci. Non devono temere di attraversare gli sterminati campi dell’irrazionalità, e neanche di rimanere sospese sulle stelle, di notte, appoggiate al balcone del cielo. Non devono aver paura del buio che inabissa le cose, perché quel buio libera una moltitudine di tesori. Quel buio che loro, libere, scarmigliate e fiere, conoscono come nessun uomo saprà mai”.