Carissimi
Oltre al sogno, il viaggio e la pazzia che stanno alla base della filosofia di vita di Epruno, da qualche tempo mi sono ritrovato ad apprezzare e auspicare la normalità.
Aprivamo con il partner del serio cazzeggio, dieci anni fa le trasmissioni settimanali radiofoniche e ci chiedevamo: “cosa è successo questa settimana?” La risposta a volte provocatoria era …… “nulla”.
In verità, non volevamo dare spazio al dibattito politico che spesso non produce nulla se non un artificioso contraddittorio e ci rifugiavamo nella convinzione che la risposta esatta fosse “nulla”, ma oggi ancor di più, nel mio intento di garantirmi una personale qualità di vita (almeno per me), il sognare che non sia successo nulla equivale a dire che quanto accade mi sta bene, mi soddisfa.
Pertanto, eccomi in moto per strada per affrontare gli attraversamenti del mio quotidiano.
Anche se Benigni non l’avesse indicato come piaga di questa terra, noi che ci abitiamo sappiamo bene che “il trafffico” è il momento nel quale i palermitani di ogni censo, messi insieme per strada decidano di fare ognuno i “cavolacci propri” dando sfogo al loro carattere e se a questo aggiungiamo delle scelte imbarazzanti da parte di chi governa le strategie della cosa pubblica eccoci nel pieno “burdello”.
Nella vita bisogna fare delle scelte e in base a delle priorità, ho apprezzato tanto Domenico Dolce, di recente, nella sua esternazione circa la consapevolezza di voler rispettare la natura e l’evidenza dei fatti, e la mia mente si è subito sintonizzata con una scelte messa in atto qualche anno fa e oggi ancora oggetto di discussione riguardante lo sfruttamento di contributi europei per realizzare le piste ciclabili (arrivando a disegnarle sui preesistenti marciapiedi o restringendo carreggiate di assi viari importanti), pur mantenendo la possibilità di posteggiare nelle stesse vie.
La creatività spinta ha generato una fila di macchine posteggiate al centro della carreggiata in una via importante intestata al padre della lingua italiana quasi a punirlo della speranza dataci in quel “al fin tornammo a riveder le stelle” o una “autostrada ciclabile” deserta con il mantenimento a fianco di una fila di auto parcheggiate tanto da ridurre a budello un asse viario importante del centro residenziale intestato a un romantico poeta che ironia della sorte si era confrontato con “l’infinito”.
Non vorrei mettere legna sul fuoco, ma analoga creatività parallelamente fu ricercata nel creare una doppia carreggiata, a norma recintata, della nuova rete tranviaria cittadina al punto di ridurre a un vicolo la grande via che attraversa orizzontalmente la città, dal mare ai monti, e che in quel tratto prende il nome da un genio dell’intelletto italiano, dedito a codici e a tempo perso a “gioconde pitture”.
Paradossale vero? Quelle che a primo acchito per l’uomo comune sembrano “sonore minchiate”, hanno sì dietro “longhe pinzate”, ma sono di contro associate ed eseguite in strade dedicate alla genialità del pensiero.
Come può essere, siamo pochi gli intelligenti o sono alcuni cretini a decidere e fare delle scelte subite da tutti? No, non sarei così dissacrante e offensivo del lavoro e del pensiero altrui. Anche le suddette scelte hanno comportato lavoro progettuale ma di certo non si sono ben calate in un contesto di sostenibilità futura, afferrando l’istante (quasi per voler stupire con la propria soluzione) senza confrontarsi con le priorità.
È sbagliato quanto sopra? Non mi sento di dire ciò, ma avrei suggerito dei piccoli correttivi legati a scelte strategiche. Oggi la gente compra per la città macchine ingombranti, rispetto al principio della city car, facilmente posteggiabili, e se sommiamo ciò alla diseducazione a procedere in fila o alla predisposizione naturale alla doppia fila in un contesto nel quale si riduce la larghezza delle carreggiate, volendo accontentare tutti, e inserendo queste nuove opere in contesti inamovibili, ecco che si crea l’ingorgo perenne.
Scegliamo il punto di arrivo di tali provvedimenti e se ciò è quello di spostare la mobilità verso il mezzo pubblico o la pista ciclabile, nelle strade dove ho ristretto la carreggiata per far passare il tram o la pista ciclabile, non dovrebbe esser consentito il parcheggio delle auto (o almeno solo in un lato nelle vie abbastanza grandi), dovrò seguire delle priorità?
Ecco sollevarsi il popolo dei possessori di auto (io tra questi) nel dire: “e dove si parcheggia?”
Ed è qui che mi ricollego a Domenico Dolce, “tutto nella vita non si può avere” e così sacrificheremmo alla mobilità qualche “striscia blue”, ma renderemmo lo spostamento più scorrevole e in uno a maggiori controlli sulle strade, otterremmo un sensibile miglioramento del flusso veicolare e se poi dessimo pure incentivi all’acquisto di city-car (non dico tassassimo i SUV), faremmo capire alla gente che città disegnate nella migliore delle ipotesi dal dopo guerra, per rimanere al passo con la nuova tecnologia e l’aumento della popolazione e del traffico, nella priorità, qualcosa dovremmo pur sacrificare.
Un abbraccio, Epruno