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Ci sono incontri casuali, poi non tanto, che danno appuntamento al futuro, in luoghi e tempi non concordati apparentemente. Così è stato per Lillo Miccichè, fotografo nisseno che, poco più che ventenne, si vide passare davanti la macchina ferma al semaforo, Leonardo Sciascia. Era propio il 1989, da lì a poco uno dei più grandi pensatori del Novecento, sarebbe scomparso.
A trent’anni di distanza la figura simbolo del pensiero critico della Sicilia e non solo, “rivive” grazie agli scatti fotografici dello stesso Miccichè che svela per la prima volta in una mostra, ospitata al Castello Chiaramontano di Racalmuto, luoghi e oggetti che hanno puntellato vita e produzione artistica di Sciascia.
Ricollocare negli ambienti vissuti e scoprire oggetti personali, propaggini materiali dell’idea immateriale, di chi ha segnato non solo la storia ma soprattutto il pensiero di una terra indistricabile, e a tratti incomprensibile, non può che incuriosire e attrarre.
Messo nel cassetto quell’incontro fortuito, per una serie di circostanze e progetti legati sempre a Sciascia e ai licei del nisseno, Miccichè, fotografo di professione con alle spalle diversi reportage, ha nel tempo raccolto molto materiale, interagendo direttamente con i familiari.
La mostra, curata da Piero Baiamonte, offre in 50 scatti in bianco e nero, tecnica prediletta dal fotografo per non voler aggiungere “colore estraneo” alla visione dello spettatore, oggetti, dettagli, luoghi, autografi e documenti inediti che raccontano, e confermano ancora una volta, la genialità e il pensiero precursore di un rimpianto intellettuale.
“La cosa che mi ha colpito maggiormente – ci ha detto Lillo Miccichè – è stato aver avuto l’impressione della presenza fisica di Nanà, come lo chiamavano gli amici più stretti, intorno a questi luoghi che ho potuto frequentare grazie alla disponibilità generosa degli eredi di Sciascia“.
Vito Catalano, nipote dello scrittore, sul lavoro del fotografo così sottolinea: “Sono immagini che testimoniano un pezzo di vita di mio nonno“.
Dai luoghi frequentati, la casa in Contrada Noce, l’ultima casa abitata a Palermo, quella di Racalmuto in paese dove Sciascia era ospite delle zie, la Fondazione Sciascia, il Circolo Unione, e poi le scuole d’Asaro di Racalmuto, dove insegnò, e l’istituto magistrale di Caltanissetta dove fu allievo. E poi ancora, penne, libri autografati, le macchine da scrivere tra cui l’insostituibile Olivetti lettera 22, le buste intestate, i registri scolastici da alunno e da insegnante nondimanco il piatto dove mangiava o la sedia di casa dove stava seduto per leggere.
Un’immersione, dunque, in quel corollario di realtà privata che, certamente, fu incisivo per la produzione di Sciascia e testimonianza di un pensiero sopraffino.
Non ultima la citazione che Sciascia volle per la sua sepoltura, ennesimo mònito: “Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l’Isle-Adam: ‘Ce ne ricorderemo, di questo pianeta’. E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano”.
La mostra, che si inaugurerà venerdì 23 agosto, verrà preceduta dalla presentazione di un libro del nipote Catalano e rimarrà fruibile fino al 31 ottobre, per poi spostarsi in altri paesi dell’Isola, dove è stata già richiesta.