Tra la fumata bianca e l’apertura delle imposte della loggia centrale della Basilica di San Pietro l’euforia papale, sapientemente alimentata dal circuito ecclesial-mediatico, ha raggiunto il suo massimo. Piazza San Pietro sembrava tracimare non solo di folla, ma di emozioni tanto che neanche l’austerità francese del cardinale protodiacono Dominique Mamberti pronto ad interpretare al meglio l’ambito ruolo di annunciatore del nuovo Pontefice è riuscita ad imporsi malgrado le pause gravi e gli sguardi torvi da preside alle prese con studenti discoli e ribelli.
Eppure qualcosa ha demolito pian piano quell’entusiasmo infantile e pagano che attanagliava la folla di Piazza San Pietro: prima un nome straniero scandito in latino, “Robertum Franciscum”, poi un cognome che i vaticanisti avevano pronunciato con raramente e senza crederci, “Prevost”, infine la doccia fredda finale resa ancora più tagliente dal latino elegante del cardinale Mamberti: “Leonem Decimum Quartum“.
Eppure non è un film. Robert Francis Prevost non è il Pio XIII immaginato da Sorrentino e interpretato da Jude Law ma non è nemmeno la replica di Francesco. Papa Prevost è e sarà se stesso e dunque non è male che lo si accolga con un po’ di silenzio misto a stupore. Lo stupore della normalità di un Papa poco centrato su se stesso e più concentrato su Cristo.
Certo di lui sappiamo alcune cose e in questi giorni ne sentiremo molte altre. Non è però passato inosservato come ha scelto di presentarsi alla Chiesa e al mondo subito dopo l’elezione. L’impressione è che Papa Leone XIV più che al mondo volesse parlare alla Chiesa, che al noto messaggio esterno di pace e di dialogo volesse aggiungere un segnale di distensione e di unità intra ecclesiale attraverso un approccio più tradizionale e rassicurante rispetto al suo predecessore.
In questo senso la scelta del severo nome di Leone suona davvero programmatica: Leone XIII fu un papa sociale, attento alle aspettative di poveri e lavoratori e il primo dei papi Leone, Leone I Magno, svolse un ruolo importante nella definizione ortodossa della cristologia e nello stesso tempo fermò Attila che voleva distruggere Roma.
Probabilmente i cardinali chiusi in Conclave e consapevoli di questa necessità di sanare alcune ferite della Chiesa cattolica hanno subito capito che il mite e pragmatico agostiniano faceva al caso loro.
La sfida di Papa Leone XIV è quella di essere più Papa essendo meno Papa.