Con i funerali di Papa Benedetto XVI si chiude un’altra pagina della storia della Chiesa non solo perché dopo Celestino V è stato “colui che fece il gran rifiuto”, come scrisse Dante Alighieri, ma perché a differenza di Celestino V ebbe modo anche se per breve tempo di svolgere la sua funzione pastorale e di lasciare anche un segno profondo che forse ai contemporanei sarà sfuggito ma col tempo probabilmente sarà riscoperto.
La scomparsa del papa “emerito” ha riaperto in modo clamoroso la crisi in cui versa la Chiesa cattolica dando luogo a uno spettacolo per certi versi indecoroso con attacchi alla persona del papa attuale descritto come un “populista religioso” in contrapposizione alla figura di Benedetto XVI come profondo custode della fede e dei veri valori del cristianesimo.
Che Papa Francesco fin dalla sua elezione fosse inviso alle componenti più conservatrici della Chiesa è noto ma quel che più colpisce e la violenza degli attacchi di cui stato oggetto fino ad essere bollato addirittura come l’antipapa, che non fosse in grado di governare la Chiesa al punto che sedicenti intellettuali di destra si prodigavano dalle colonne di qualche giornale di spiegare al Papa come si fa il Papa.
La storia della Chiesa è stata sempre caratterizzata dallo scontro tra conservatori e progressisti ma, nonostante la diversità di opinioni e perfino la diversa visione sul ruolo della Chiesa, entrambe le componenti rimanevano, però, sempre unite e accomunate dal comune sentirsi cattolici e dalla comune di volontà di fare il bene della Chiesa mostrando sempre il doveroso rispetto per la figura e il ruolo del Papa che nella dottrina cattolica è pur sempre il rappresentante di Dio in terra. Ecco perché occorrerebbe recuperare quel sentimento comune e quei valori di cui la Chiesa è portatrice e che hanno permeato le coscienze degli uomini anche dei laici e di diverso orientamento contribuendo così al progresso dei popoli come recitava l’enciclica “Populorum Progessio” di Paolo VI.
Anche dalla cultura laica, pertanto, deve pervenire un contributo di idee e di pensiero affinché la crisi della Chiesa non diventi irreversibile recuperando gli insegnamenti evangelici e quei valori di fratellanza, di solidarietà, di amore verso il prossimo, di cui il mondo ora come non mai ha tanto bisogno.
Su questo terreno scopriremo il contributo fecondo che ci ha lasciato Papa Benedetto XVI con la sua enciclica “Caritas in veritate” in cui affronta il tema della giustizia sociale soprattutto in un momento come questo caratterizzato da una profonda crisi economica e sociale, da una regressione civile in un mondo flagellato da guerre, epidemie, degrado ambientale che stanno creando tante ingiustizie e sofferenze.
Per Benedetto XVI, infatti si è smarrita la funzione della “Caritas” che aveva accompagnato l’evoluzione dell’economia e la cui crescita è stata lasciata al mercato, un mercato privo di vincoli giuridici e soprattutto etici in cui il lavoro è finalizzato all’esclusivo raggiungimento del profitto invece di essere, soprattutto, la manifestazione di un impegno che prescinde dal puro calcolo economico.
La globalizzazione in tal senso ha esasperato questa continua ricerca del profitto e della “produttività” a discapito della dignità e dei diritti del mondo del lavoro. Siamo in presenza di una moderna critica alle nuove forme del capitalismo e alla ricerca di nuove soluzioni che mettano al centro la giustizia e la coesione sociale. Un messaggio che spinge a una maggiore ed equa redistribuzione della ricchezza che si produce e sollecita il massimo impegno per assicurare il lavoro al disoccupato, l’assistenza alle persone fragili e bisognose, l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati. Tutti devono essere trattati alla pari a prescindere da qualsiasi razza religione, cultura facciano riferimento e in questo si trova una forte continuità con l’azione e il pensiero di Papa Francesco.