Un gruppo criminale attivo nel rione Picanello di Catania, ritenuta una ‘roccaforte’ della ‘famiglia’ Santapaola, è stato disarticolato dai carabinieri del comando provinciale che hanno eseguito nella provincia etnea e di Vicenza un’ordinanza di custodia cautelare per 15 persone.
Il provvedimento del Gip ipotizza, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, concorso esterno all’associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e procurata inosservanza di pena, con l’aggravante di aver agito al fine di agevolare la famiglia di Cosa Nostra catanese “Santapaola Ercolano – gruppo di Picanello”.
Nel dettaglio, nove persone sono state arrestate e condotte in carcere e quattro invece sono state sottoposte all’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria. Un indagato è all’estero, ed è ricercato. In carcere sono finiti: Andrea Caruso, di 40 anni, Giovanni Comis, di 58, Andrea Consoli, di 44, Giovanni Frazzetta, di 53, Marco Frazzetta, di 51, Giuseppe Russo, di 45, Carmelo Salemi, di 52, Santo Vincenzo Scalia, di 61, e Francesco Testa, di 46.
Il Gip ha disposto l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria per Carlo Concorso, di 48 anni, Ugo Puglisi Foscolo, di 39, Veronica Puglisi Foscolo, di 42, e Rudy Veneziano, di 42.
L’indagine, denominata “Picaneddu”, ha consentito di definire la struttura, individuando il capo, gli organizzatori e i ruoli degli affiliati al gruppo. In particolare, è emerso come l’organizzazione garantisse gli “stipendi” agli affiliati attraverso la gestione della cosiddetta “cassa comune” alimentata dai proventi derivanti da estorsioni, attività di “recupero crediti”, traffico di stupefacenti e case da gioco clandestine
Nell’ambito dell’operazione ‘Picaneddu’ dei carabinieri di Catania sono emerse le posizioni di due imprenditori indagati, a vario titolo, per concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Sono accusati di essersi prestati a custodire il patrimonio accumulato dai mafiosi, in modo da ostacolarne l’identificazione della provenienza e sottrarlo ad eventuali misure di prevenzione patrimoniali.
Militari dell’Arma, a conclusione di approfonditi accertamenti patrimoniali, hanno proceduto al sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di un milione di euro, compresa la casa discografica “Q Factor Records s.a.s.”, intestata ad uno dei figli del boss e utilizzata da noti cantanti neomelodici.