I Carabinieri del Comando Provinciale di Catania stanno eseguendo, su delega della Procura Distrettuale etnea, nelle province di Catania, Messina, Trapani e Rimini, una ordinanza di custodia cautelare e sequestro preventivo nei confronti di 46 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico, allo spaccio ed alla detenzione di sostanze stupefacenti, nonché estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Disarticolato il clan “Brunetto” – legato a cosa nostra catanese rappresentata dalla famiglia “Santapaola-Ercolano” – egemone in gran parte dell’area jonica della provincia etnea.
L’indagine dei carabinieri di Giarre ha preso avvio nel 2017 su una banda che gestiva una vasta piazza di spaccio nel popoloso rione Jungo, da cui ha preso il nome l’operazione, che fruttava diverse migliaia di euro al giorno. La direzione e gestione della piazza era riconducibile alla famiglia Andò, capeggiata da Giuseppe, detto il ‘cinese’, 59enne venditore ambulante che, con figli e nipoti, si occupava di tutti gli aspetti del traffico di droga, anche di reclutare i pusher.
La collocazione del suo camion non era casuale: gli permetteva di controllare i movimenti delle pattuglie nel primo e più importante incrocio cittadino e fungeva da base per incontrare altri sodali, fornitori di stupefacenti, creditori, membri di altri clan o per convocare spacciatori “indisciplinati” nei turni e punirli con detrazioni dello ‘stipendio’, che era di circa 250 euro a settimana. In caso di arresto di un pusher il gruppo si occupava del “mantenimento” della sua famiglia, comprese le spese legali. Un sistema entrato in crisi per i numerosi arresti, tanto da fare dire a uno degli organizzatori: “appena ne prendono un altro è finita…vediamo ste’ persone come si devono campare, perché poi chi viene qui sotto a lavorare? Nessuno!“.
Dalle indagini è emerso anche che il ‘cinese’ era diventato il referente pro tempore del clan “Brunetto-Santapaola” su Giarre dopo l’arresto di Pietro ‘Carmeluccio’ Oliveri, indiscusso erede del boss Paolo Brunetto. Giuseppe Andò avrebbe avuto ordini dal carcere sulla gestione degli affiliati e sul mantenimento dei detenuti e delle rispettive famiglie.
Dall’operazione emerge anche una estorsione a un ristoratore di Giarre, mai denunciata per paura. Alcune vittime hanno negato anche dopo essere state convocate dai carabinieri. Tra i minacciati anche dei giostrai: “se monta gli brucio tutte le cose...”, è la rappresaglia annunciata. Inoltre il gruppo era pronto a intervenire militarmente con agguati nei confronti di esponenti del clan Laudani, a Riposto schierato contro la ‘famiglia’ Santapaola. I carabinieri hanno anche eseguito il sequestro preventivo un immobile a Mascali e un autocarro di uno dei capi del gruppo utilizzato per occultare e trasportare ingente quantità di droga.
Durante l’operazione sono stati sequestrati anche, complessivamente, 40 kg di marijuana, 2,5 kg di cocaina, 200 gr. di eroina, 25 gr. hashish, 3.850 euro in contanti, un motociclo rubato, un fucile, quattro pistole, 218 munizioni, utilizzate dai sodali per il compimento dei ‘reati-fine’. Ricostruito, infine, “il sistema mediante cui il gruppo criminale sottoponeva più esercenti ad estorsioni mediante intimidazioni mafiose, riscuoteva crediti legati agli stupefacenti mediante pestaggi e puniva coloro che si rifiutavano di spacciare o rapinare per conto del sodalizio criminoso“.