È l’ultima scoperta degli investigatori che, a gennaio scorso, hanno catturato il boss di Castelvetrano e che stanno tentando di ricostruire gli ultimi periodi della sua trentennale latitanza.
Matteo Messina Denaro, che per curarsi, durante la latitanza usava l’identità del geometra Andrea Bonafede, chiese che venisse secretato il suo fascicolo sanitario elettronico, il dossier, cioè, che racconta la storia medica di ciascun cittadino e che ogni paziente può consultare e scegliere di rendere non visibile agli operatori sanitari.
Il capomafia, che per la cura del cancro al colon da cui è affetto ha usato i documenti del geometra di Campobello Mazara, poi arrestato per associazione mafiosa, attraverso la compilazione di un modulo, ovviamente a firma di Bonafede, aveva dunque negato il consenso alla conoscenza del suo percorso sanitario. Il particolare emerge dall’indagine che ha portato in cella il medico curante del boss, Alfonso Tumbarello accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso.
Tumbarello ha sostenuto di non aver mai conosciuto la reale identità del paziente al quale, a suo dire, prescriveva esami e farmaci sulla base di diagnosi che questi gli faceva avere e sulla base del fascicolo sanitario elettronico. Il medico ha sempre raccontato di aver creduto che a richiedere le sue prestazioni fosse il vero Andrea Bonafede, suo reale assistito, che, però, per mantenere riservata la sua patologia, preferiva non farsi visitare allo studio. Una singolare difesa a cui i pm non hanno creduto e che è stata smentita da Gianfranco Stallone, il medico di base che ha sostituito, dopo il pensionamento, Tumbarello.
Stallone ha rivelato, infatti, che il dossier del paziente non era consultabile proprio perché riservato. La scelta di secretare il fascicolo è una opportunità a cui i pazienti ricorrono rarissimamente. Circostanza che induce gli investigatori a pensare che qualcuno, certamente esperto del settore, abbia suggerito al boss di ricorrere all’escamotage per proteggere la sua latitanza.