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Mafia, otto arresti a Messina: “Gestivano racket e usura”

giovedì 19 Luglio 2018
foto d'archivio

I carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno arrestato, con il supporto del 12esimo nucleo elicotteri carabinieri di Catania, otto persone accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, usura, intestazione fittizia di beni e violazioni degli obblighi della sorveglianza speciale, tutti aggravati dal metodo mafioso.

Il provvedimento è stato emesso  dal gip che ha dato corso alla richiesta della Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Maurizio De Lucia.

Il provvedimento nasce da un’indagine avviata nel 2014 dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale dei carabinieri di Messina che ha preso le mosse dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Daniele Santovito. Il pentito ha consentito di scoprire il clan guidato da Giacomo Spartà, egemone nel racket dell’usura e delle estorsioni a commercianti e clienti di sale scommesse.

I carabinieri hanno accertato che a reggere il clan durante la detenzione del boss era Raimondo Messina, tra gli arrestati di oggi. Altro personaggio chiave dell’indagine è Antonio Cambria Scimone, anche lui finito in manette.

Messina gestiva la cassa comune del gruppo a cui attingeva anche per il sostentamento dei detenuti e delle loro famiglie. Il clan condizionava l’attività di alcuni imprenditori messinesi, non solo imponendo assunzioni di personale, ma anche imponendo loro le scelte imprenditoriali. E’ stato accertato nel corso dell’inchiesta che, per eliminare del tutto la concorrenza al bar “il Veliero“, nell’interesse del clan, un pasticcere è stato obbligato a interrompere la vendita di bibite e caffè nella propria pasticceria, che si trovava vicino al bar, perché gli faceva concorrenza.

Un imprenditore attivo nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari è stato costretto a interrompere le forniture di carne ad alcuni ristoranti per favorire l’attività di macelleria di uno degli indagati. L’organizzazione gestiva anche le estorsioni ai giocatori, frequentatori di alcune sale gioco cittadine controllate dalla cosca.

In un caso alcuni degli indagati hanno costretto il titolare di una sala scommesse a cedere loro la proprietà, a causa delle difficoltà economiche che aveva, pretendendo anche il pagamento di cinquemila euro, per una serie di giocate effettuate con denaro “a credito” delle società di scommesse.

Altri giocatori sono stati costretti a pagare i debiti con i gestori delle sale dietro minaccia di ritorsioni e violenza. Una donna, a fronte di un debito a un tavolo da poker illegale, di circa seimila euro, è stata costretta prima a versarne diecimila in contanti, poi a consegnare un anello da seimila euro e infine un orologio da quattromila.

Nel corso dell’inchiesta è emerso anche un episodio di usura a una commerciante in evidenti difficoltà economiche. In particolare la vittima, titolare di una nota gioielleria cittadina, per far fronte a piccoli debiti con i fornitori per un importo di quattromila euro, ha dovuto consegnarne in sei mesi 8.500 di cui 4.500 a titolo di interessi.

Gli arrestati sono Angelo Bonasera, 54 anni, Antonio Calio, 35 anni, Giuseppe Cambria, 46 anni, Antonio Cambria Scimone, 50 anni, Tommaso Ferro, 41 anni, Lorenzo Guarneri, 57 anni e Raimondo Messina 47 anni e Alfio Russo, 48 anni.

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