Resta in carcere il boss ergastolano Antonio Gallea, mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino che, grazie alla semilibertà concessagli, era tornato a guidare la Stidda. E in cella rimangono anche l’avvocatessa Angela Porcello, che, secondo l’accusa, nel suo studio legale organizzava gli incontri tra capimafia, il suo compagno, il boss Giancarlo Buggea, il boss di Canicattì Calogero Di Caro e i mafiosi Diego Emanuele Cigna, Pietro Fazio, Gregorio Lombardo, Gaetano Lombardo, Calogero Paceco, Giuseppe Sicilia, Luigi Boncori, boss di Ravanusa, Antonino Chiazza, capomafia stiddaro, Simone Castello, fedelissimo del boss Bernardo Provenzano e Gioacchino Rinallo, padrino della Stidda.
Lo hanno deciso i gip di Agrigento e Caltanissetta che hanno convalidato 18 dei 22 fermi emessi dalla Dda di Palermo nell’ambito dell’inchiesta che, martedì scorso, ha svelato i nuovi assetti dei clan della provincia agrigentina e il ruolo di consigliera della legale, a cui è stato contestato il ruolo di capomafia.
Nel corso dell’indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo, è stato anche scoperto che, nonostante il 41 bis, una serie di boss continuavano a comunicare tra loro grazie alle falle dei sistemi di sorveglianza e a complicità tra gli agenti penitenziari. Convalidato anche il fermo di due agenti di polizia, Filippo Pitruzzella e Giuseppe D’Andrea, a cui sono stati, però concessi i domiciliari.
Decisa, invece, la scarcerazione di Giuseppe Pirrera, Gianfranco Gaetani, Luigi Carmina e Antonino Oliveri. Resta in carcere anche il boss Giuseppe Falsone, già detenuto per mafia ed omicidi. Assistito dalla Porcello avrebbe tramite la sua legale continuato a scambiarsi informazioni con boss trapanesi come Pietro Virga e gelesi come Alessandro Emmanuello.