Ventisette anni fa a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, la mafia uccideva Beppe Alfano, corrispondente del quotidiano “La Sicilia” di Catania.
Alfano venne assassinato l’8 gennaio del 1993 a soli 47 anni, a seguito delle sue inchieste giornalistiche su Cosa Nostra.
In sua memoria è stata deposta, nel corso di una cerimonia, una corona di fiori sulla stele intitolata al giornalista, in via Marconi.
Aveva raccontato la guerra tra cosche nel Messinese, gli affari per i maxi-appalti per i lavori pubblici, gli scandali legati alle frodi di produttori agrumicoli che intascavano illegalmente i fondi europei.
Beppe Alfano era stato anche militante di destra: aveva fatto parte prima della “Giovane Italia”, poi del Fronte della Gioventù, quindi del Msi e aveva avuto simpatie giovanili per “Ordine nuovo”, il centro studi fondato da Pino Rauti, e per “Avanguardia nazionale”. Anche dopo le esperienze giovanili, non smise mai di fare politica a destra, denunciando e sottolineando connivenze e atteggiamenti ambigui anche di persone vicine a quell’ambiente e mostrandosi sempre intransigente difensore di quei valori di legalità e giustizia a cui non abdicò mai.