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Meno mimose più poltrone. In Sicilia per le donne la politica è una corsa in salita

mercoledì 8 Marzo 2017
caronia

Meno mimose più fatti concreti. Puntuale come un petardo alla mezzanotte del Capodanno, la festa dell’otto marzo edizione 2017 si conferma nei suoi più banali rituali liturgici. Giornata internazionale della donna, con il gentil sesso quasi sempre argomento standardizzato, omologato ed esposto all’universale attenzione dei media. Per un giorno e poi tutto ritorna alla normalità, al ghetto o giù di lì. Perché, andando a braccio, va ricordato che nella storia di Palermo soltanto una donna è stata Sindaco:  Elda Pucci, quando c’era ancora la prima Repubblica . O per palazzo d’Orleans, dove per  la corsa alla presidenza hanno partecipato  prima  Rita Borsellino e poi  Anna Finocchiaro. Sconfitto dall’apparato prima ancora che nel genere. Così, nel giorno della festa della donna aspettiamo ancora  di poter festeggiare un sindaco di Palermo o un presidente della Regione con il nastro rosa..

Insomma, oltre al florilegio di mimose e retorica non si esce fuori dal circolo vizioso del “recinto indiano” entro cui le donne sono state recluse dal “vile maschio”. Di passi avanti e di diritti reali se ne contano poco. Ancor di meno in politica. E ancor di meno di meno nella politica del sud e in Sicilia.

Ben venga l’appello del Capo dello Stato Sergio Mattarella che, in occasione dell’Otto marzo ha puntato i riflettori sulla lotta al femmicidio (un’emergenza sociale tragica e inquietante) e al ruolo della donna in favore di unasocietà più equa, più accogliente, più solidale e più integrata”.  Mattarella ha parlato un impegno il più delle volte “silenzioso, che si svolge lontano dai riflettori, tra molti ostacoli, alcuni incomprensioni e persino qualche pregiudizio che resiste contro ogni evidenza”.

Da qui si deve partire. E  proviamo anche a chiederci perché le donne in Sicilia non riescono a conquistare il “potere” , raggiungere i posti che contano nell’amministrazione della cosa pubblica. A pochi mesi dalle elezioni amministrative di Palermo si contano sei o sette candidati. Una sola donna, Nadia Spallitta, proverà a correre per la poltrona più importante di Sala delle Lapidi. I partiti tradizionali, i movimenti più moderni e agguerriti, così come le liste civiche (quasi sempre contenitori taumaturgici per raggrumare i pacchetti elettorali dei volponi della politica) puntano sulla versione “macho”.

Nella stagione 2012 ci ha provato Marianna Caronia, da parlamentare regionale è stata anche la prima firmataria del disegno di legge che consente la doppia preferenza per i candidati consiglieri alle prossime amministrative, uno per ogni genere. “In un futuro che spero prossimo vorrei essere la prima firmataria di un disegno di legge per abrogare quella norma – spiega oggi Marianna Caronia – non perché la legge non sia giusta ma perché spero in un domani con le donne veramente protagoniste e non trainate da un obbligo elettorale. Quella legge è un primo passo ma ancora molto deve essere fatto per garantire il diritto alla partecipazione attiva da parte delle donne. E non dimenticate che le donne in politica sono in grado di fare molto meglio degli uomini. E’ questione di carattere”.

Anche Giusy Savarino ha frequentato i palazzi del potere. Deputata regionale e oggi portavoce di “Diventerà bellissima” è convinta che le barriere ad ostacolare la piena partecipazione delle donne in politica siano anche culturali. “Molto dipende anche delle donne – racconta – che per tanto tempo hanno rinunciato a un ruolo attivo, autorelegandosi. Un retaggio culturale, insomma, che oggi va cancellato”. Ma esistono anche dei problemi reali: “non esistono strutture sufficienti a rendere le donne libere di partecipare alla vita politica. Io sono convinta che quando le donne si mettono in testa di fare qualcosa sono veramente in grado di farlo meglio degli uomini. Il maschio in politica è un fatto scontato. Le donne sono messe sotto esame due volte. E così per emergere devono fare più sforzi. Ma se guardiamo ai dati della società e di come sta cambiando, ci accorgiamo che il numero di donne laureate è sempre più alto di quello dei maschi, così come nei concorsi pubblici vincono di più gli esponenti del gentil sesso. Perché in politica non dovrebbe essere così?

 

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