Un fiume di hashish ha attraversato per anni il Canale di Sicilia, seguendo la stessa rotta delle migrazioni. Sembra che non sia un caso. Così come non è un caso che nei due anni di indagini da parte delle polizie europee siano state sequestrate 7 imbarcazioni cariche di droga. In alcuni episodi gli investigatori non sono potuti intervenire e si sono limitati ad osservare dal cielo quel che accadeva. Come è accaduto in occasione di un controllo mirato ai trafficanti che dal porto di Tobruk, in Libia, facevano partire le imbarcazioni dirette verso l’Europa.
Il bilancio di questa imponente attività investigativa, chiamata “Rose of the winds” è stato raccontato oggi alla stampa dal Procuratore di Palermo Franco Lo Voi, dal sostituto procuratore Maurizio Agnello e dall’aggiunta Teresa Principato, che coordinato l’intera indagine, affidata per la parte italiana al Gico della Guardia di Finanza.
Tra i sequestri più importanti – nello storytelling di “Rose of the winds” – risalta quello del 7 ottobre del 2015, quando l’Ufficio antidroga egiziano sequestrava il motopeschereccio “Elhaj Elmenshawy Elhadit” carico di 835 chili di hashish ma soprattutto pieno di 700 mila pasticche di captagon, la droga a base di anfetamine utilizzata dai miliziani jihadisti dell’Isis.
A guidare questo network criminale, smantellato dall’Europol e dai magistrati di Palermo, c’era un “pasticciere” marocchino Ben Zian Berhili, vero e proprio ras del traffico di hashish nel Mediterraneo. Per oltre due mesi, i militari italiano hanno intercettato la sua voce e i suoi affari di droga sulla rotta Marocco-Libia. Venti giorni fa, è scattato il blitz a Casablanca. Alla fine Ben Zian Berhili è stato arrestato. La rete guidata da Berhili ha un fatturato stimato in alcuni miliardi di euro. Ma il lavoro dei poliziotti europei ha inferto dei colpi durissimi al traffico. I sequestri effettuati negli ultimi due anni hanno sottratto alla rete criminale stupefacenti per un valore di 1,2 miliardi di euro.
Il lavoro investigativo è stato condotto “in rete” dagli investigatori della Guardia di Finanza italiana in stretto contatto con i colleghi di Francia (Orctris di Bordeaux e Polizia giudiziaria di Tolosa), Grecia e Spagna, incontri operativi sono stati fatti anche a Rabat, al Cairo, ad Ankara, a Tirana.
Un altro dato importante è quello relativo alla ricostruzione delle transazioni finanziarie. I soldi ricavati da questo traffico finiscono in conti segreti negli Emirati Arabi. Lo stesso meccanismo utilizzato dai trafficanti di esseri umani. L’indagine continua. La rotta mediterranea della droga serviva da hub anche per l’ingresso in Europa della cocaina prodotta dai cartelli sudamericani e dalla gang mafiose che operano in Mauritania. Al puzzle svelato dalle polizie europee manca ancora un tassello: i trafficanti libici. Su di loro si concentra ora il prossimo impegno degli investigatori. E ancora un volta bisognerà seguire i soldi, come insegnava Giovanni Falcone.