Si torna a parlare di un partito dei “moderati” che – come ci informa Belzebù nell’articolo di questi giorni – dovrebbe mettere insieme i cespugli della politica italiana: Italia Viva di Matteo Renzi, Azione di Carlo Calenda, Più Europa di Emma Bonino e Forza Italia o almeno una sua parte. Un’adesione che finora, però, è più una speranza che una certezza.
Non si capisce cosa possa tenere insieme queste forze così diverse tra loro, tranne l’interesse a garantire una sopravvivenza politica, anche in vista della possibile legge elettorale che dovrebbe essere proporzionale e con lo sbarramento al cinque per cento.
Sembra, tuttavia, che il collante dovrebbe essere il “moderatismo” di cui, a loro avviso, si avverte la mancanza e non apparterrebbe né al centrodestra né al centrosinistra, volendo includere in questa ultima coalizione, anche se ancora non appare chiaro, i Cinque Stelle.
Ai futuri “moderati“ vorremmo però consigliare vivamente di evitare di utilizzare il termine “Riformista“, dal momento che questo è alternativo al moderatismo.
Per carità, anche dai moderati, ogni tanto, possono venire cose buone. La storia lo documenta, ma ci chiarisce, però, che i moderati appartengono al mondo dei conservatori che sono di due categorie: quelli retrivi, a volte con venature autoritarie, che sono quindi definiti reazionari e quelli che, appunto, da moderati “conservano” il sistema, mantenendo le sue contraddizioni, le sue ingiustizie sociali, ma tentano di mitigarle, di alleggerirle con provvedimenti, spesso di natura assistenziale, tanto è vero che il primo ad introdurre lo Stato sociale non fu un rivoluzionario ma un conservatore come Bismark.
Usare il termine riformista da parte dei moderati è un abuso e un’arbitrarietà.
Spesso si usa il termine riformista senza conoscere il significato.
Il riformismo, infatti, è una cosa seria, è rigore, è studio, è applicazione, ma soprattutto è “rivoluzionario“, è innovazione, perché rende possibile e credibile il cambiamento.
Il riformista indica, infatti, un progetto di società, coniugando la crescita economica con l’eguaglianza e la giustizia sociale. Soprattutto rende possibile e credibile il cambiamento, rispetto ai demagoghi di turno che, come diceva Federico Caffè, un grande economista e riformista, per ricevere applausi agitano palingenesi e attese messianiche che dovrebbero salvificare il mondo.
Quindi ai veri moderati e ai veri riformisti di questa area indistinta consigliamo ai primi di tornare nel centro destra e ai secondi nel centro sinistra, almeno contribuiranno a rendere più chiara e comprensibili ai cittadini la politica italiana.
Probabilmente quello che si avverte maggiormente non è l’assenza di un partito dei moderati ma di una grande forza riformista.