Nel 2024, l’Italia ha registrato un incremento delle morti sul lavoro, con un totale di 1.482 decessi, segnando un aumento del 3,3% rispetto ai 1.446 casi del 2023. Questo significa una media di oltre quattro morti al giorno, trenta alla settimana e 123 al mese.
Gli infortuni non mortali hanno superato le 540.000 unità, delineando un quadro allarmante per la sicurezza dei lavoratori.
Sono questi i numeri “per difetto” sui decessi dei lavoratori, lo scorso anno, secondo il Centro Studi Cub che ha elaborato dati Inail e dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering di Mestre (Venezia).
Una “contabilità agghiacciante” e un “annus horribilis”, rimarca il sindacato, sottolineando che “la strage sul lavoro” aumenta nel 2024 rispetto ai 12 mesi precedenti.
Il Centro Studi Cub evidenzia che 1.055 decessi sono avvenuti sul posto di lavoro, mentre 427 in itinere, ossia durante spostamenti lavorativi o nel tragitto casa-lavoro.
I dati
Dallo scorporo dei dati – osserva il Centro Studi – emergono alcune evidenze: per i lavoratori stranieri il rischio di morte risulta in proporzione oltre che doppio rispetto ai lavoratori italiani (69,1 morti ogni milione di occupati, contro i 26,7) e il settore delle costruzioni rimane quello più falcidiato dagli incidenti mortali, con 147 decessi. Seguito da Trasporti e Magazzinaggio (99), dalle Attività Manifatturiere (94) e dal Commercio (51).
L’incidenza più elevata si registra proprio nella fascia dei lavoratori ultrasessantacinquenni (con incidenza di 131,5), seguita dalla fascia di lavoratori con età compresa tra i 55 e i 64 anni (con incidenza pari a 49,7).
La fascia d’età maggiormente colpita dagli infortuni mortali è quella tra i 55 e i 64 anni (254 su un totale di 731). Le donne che hanno perso la vita in occasione di lavoro tra gennaio e la fine di novembre 2024 sono 50, mentre 30 hanno perso la vita in itinere, cioè nel percorso casa-lavoro.
Gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono 164, mentre sono 45 quelli deceduti a causa di un infortunio in itinere.
Le regioni
Calcolando i morti nelle regioni per soli 11 mesi, cioè da a gennaio a fine novembre 2024 (perché non ci sono ancora tutti i dati disarticolati) la Lombardia risulta, come nel 2023, avere il maggior numero di vittime cioè 121.
Seguono: Campania 73, Emilia-Romagna 68, Lazio 67, Sicilia 57, Veneto 49, Piemonte 48, Puglia 44, Toscana 39, Sardegna 24, Trentino-Alto Adige 23, Liguria 19, Calabria 18 Umbria 17, Abruzzo e Basilicata 15, Friuli-Venezia Giulia 14, Marche 12, Valle d’Aosta e Molise 4.
In Sicilia, il 2024 è stato segnato da numerosi incidenti mortali sul lavoro. La Sicilia si trova in zona rossa insieme ad altre sei regioni italiane secondo le statistiche dell’Inail, l’Istituto nazionale per gli infortuni sul lavoro, ovvero tra quelle regioni nella quale gli incidenti mortali sul lavoro sono sopra 1,25 ogni milione di occupati.
I dati delle province siciliane
In Sicilia, la provincia di Trapani registra il tasso più alto di incidenti mortali sul lavoro rispetto al numero di occupati, collocandosi all’undicesimo posto a livello nazionale ma al primo nell’isola. Con 7 decessi su 122.174 lavoratori, Trapani conta oltre 57 morti ogni milione di occupati, una statistica drammatica che la pone in cima alla classifica regionale.
Seguono Agrigento, con 6 morti (16ª a livello nazionale), e Caltanissetta, con 3 vittime (17ª). Palermo si posiziona al 18° posto con 16 decessi su 335.191 occupati, pari a 47,7 morti ogni milione di lavoratori.
Anche Siracusa e Messina rientrano nella “zona rossa” della mortalità lavorativa: rispettivamente al 24° e 25° posto, registrano 5 decessi (45,4 ogni milione di occupati) e 8 morti (45,3).
Catania, pur avendo registrato 9 vittime, si trova al 61° posto grazie alla maggiore base occupazionale (318.580 lavoratori). La provincia di Ragusa, infine, conta 3 decessi, mantenendosi fuori dalla fascia critica.
Vari i casi che hanno riempito le pagine di cronaca in questo 2024. A gennaio, un operaio è deceduto a Palermo cadendo da un’impalcatura durante lavori di ristrutturazione. A marzo, un agricoltore nel catanese ha perso la vita schiacciato dal suo trattore. A luglio, un pescatore è annegato al largo di Mazara del Vallo durante una battuta di pesca. Inoltre, a dicembre, un operaio edile è morto a Catania precipitando da un ponteggio in un cantiere edile. Sempre nello stesso mese, un altro lavoratore ha perso la vita a Messina, schiacciato dal crollo di una struttura in un cantiere stradale.
Questi episodi evidenziano la necessità urgente di interventi per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro e che le istituzioni adottino misure concrete per riformare un sistema che espone i lavoratori a rischi inaccettabili, affrontando le cause profonde di questa tragica realtà.
Walter Montagnoli, della segreteria nazionale Cub, sottolinea che queste tragedie non sono più eventi imprevedibili, ma risultano sistematiche, attribuendo la responsabilità a pratiche come il precariato, i subappalti diffusi e la carenza di controlli e formazione.
“Siamo oltre l’incidente – commenta Walter Montagnoli della segreteria nazionale Cub – per sua natura un avvenimento imprevedibile, a questo punto morire andando a lavorare è un elemento sistematico, intrinseco e inevitabile rispetto alle dinamiche incancrenite del mondo del lavoro in Italia e sono dovute a una volontà di risparmio delle imprese. Un sistema dove il precariato, la pratica del subappalto reiterato e diffuso e l’assoluta carenza di controlli e formazione e soprattutto di pene esemplari per chi sbaglia, hanno trasformato il lavoro in un terreno minato a cui associare inevitabilmente un bollettino di guerra quotidiano”.
“E’ ora necessario, ineludibile e letteralmente vitale che il governo intervenga con provvedimenti specifici. A nulla infatti sono valsi i tanto sbandierati provvedimenti come la patente a punti per le oltre 400.000 imprese che vi hanno aderito. Senza modifiche di legge radicali su precariato, subappalti e sul fronte penale, non si potrà che assistere a un costante incremento di questa macabra e cinica contabilità”, conclude Montagnoli.