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Si è spento Giuseppe Comand, l’ultimo testimone del recupero degli infoibati in Istria, all’età di novantanove anni nella sua casa a Latisana, in provincia di Udine. Il 13 giugno avrebbe compito 100 anni.
Nel 1943, a seguito dell’Armistizio dell’8 settembre, le terre giuliane dalmate furono abbandonate tra due fuochi: i partigiani comunisti di Tito e gli ex alleati tedeschi. Giuseppe Comand, appartenente all’undicesimo Reggimento Genio di Udine e aveva solo ventitré anni quando “la mia unità fu disarmata dai tedeschi a Pola. Il comandante riuscì a fare aggregare una squadra, compreso il sottoscritto, come prigionieri di guerra, ai vigili del fuoco locali, che dovevano recuperare i corpi. Non sapevo neppure cosa fosse una foiba. Quando a Pisino mi dissero che si trattava di profonde cavità piene di morti italiani scaraventati dentro dai partigiani, mi sembrò di impazzire”.
Nell’intervista rilasciata a Lucia Bellaspiga nel 2018, pubblicata nell’Avvenire, Comand descrive: “L’odore dei corpi in decomposizione era pestilenziale, l’aria irrespirabile fino a chilometri di distanza. I miei compagni coraggiosi, Vigili del Fuoco di stanza a Pola, buttavano giù cognac prima di calarsi nella foiba: scendevano per centinaia di metri con due corde e una specie di seggiolino, mettevano il cadavere nella cassa e davano quattro colpi di corda, il segnale per dire tiratemi su”.
Il testimone, in realtà, non era mai sceso nelle foibe, si era rifiutato di recuperare i corpi, tanto che avrebbe preferito esser fucilato. A seguito del rifiuto ed essendo il più giovane, gli assegnarono il compito di lavare le tute di gomma e le attrezzature annesse. L’odore, e soprattutto le parole dei compagni, che sotto choc si sfogavano tutte le sere raccontando ciò che avevano trovato, foiba dopo foiba in Istria, non lo hanno mai abbandonato.
Il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, nel 2017, gli conferì l’onorificenza di Commendatore al merito della Repubblica.
Massimiliano Fedriga, Governatore del Friuli Venezia Giulia, dopo aver appreso la notizia ha sottolineato che “La scomparsa di Giuseppe Comand, desta commozione e ci ammonisce preservare nella comunità regionale e internazionale quella memoria che abbandona la vita delle persone e che è nostro compito ora mantenere la lanterna accesa sui fatti certificati dai testimoni della storia perché pagine come quelle vissute da Comand possano essere conosciute dalle giovani generazioni per non essere mai più scritte”.
Nell’apprendere con dispiacere della morte di Comand, il Presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia, sezione di Palermo, Gino Zambiasi, ha dichiarato: “La sua testimonianza sottolinea che la Vicenda del “confine orientale”, o più semplicemente il Genocidio perpetrato denominato“Foiba” non è una vicenda solo territoriale, ma un episodio che riguarda tutta l’Italia.”
“Giuseppe Comand, non aveva origini istriane né aveva nulla a che spartire con la tormentata storia degli Istriani, Fiumani e Dalmati – l’esule fiumano dichiara che – “sono 437 i siciliani morti in Istria, Fiume e Dalmazia, secondo l’ultima stima dell’Albo d’oro dei fratelli siciliani Caduti nella difesa del Territorio Nazionale al confine nord-orientale d’Italia, dei quali molti corpi non sono stati ancora trovati, come il padre di Maria Cacciola, Presidente dell’Associazione nazionale tra i congiunti dei deportati italiani uccisi o scomparsi in Jugoslavia di Messina”.
“Più di 6000 esuli italiani arrivarono in Sicilia – spiega il Presidente dell’ANVGD Palermo – tramite i due campi profughi, quelli di Termini Imerse e Cimbali, o per altre vie e che, di questa meravigliosa terra, molti di essi hanno fatto la loro casa e, con integerrima onestà, hanno ricominciato partendo da zero, salvaguardando la loro identità culturale ed integrandosi alla nuova vita. Noi come associazione regionale, abbiamo sempre cercato, con grande difficoltà a far conoscere questa storia lontana geograficamente e temporalmente, anche avendo l’appoggio del Presidente Nello Musumeci, e siamo lieti che, ora, ci sia una maggiore apertura, grazie anche al Presidente della repubblica Italiana, Sergio Mattarella, che, nel 2018, ha parlato per la prima volta di un Genocidio tutto Italiano”.