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Nicoletta Militello, artista e pittrice palermitana di origini agrigentine si racconta

lunedì 25 Settembre 2023
Nicoletta Militello

«Il vero artista è colui che riesce ad anticipare i tempi. L’artista, attraverso la sua sensibilità, ha la capacità di scendere nel suo inconscio e di percepire il cambiamento. Riesce a capire, prima di tutti gli altri, i segnali della trasformazione della società e del mondo. L’artista intuisce il cambiamento e trova soluzioni attraverso le proprie opere…» (Nicoletta Militello)

Ciao Nicoletta, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Ai nostri lettori che volessero conoscerti quale artista, pittrice e musicista, cosa racconteresti di te?

Ciao Andrea, grazie per avermi invitata per questa intervista. Sono Nicoletta Militello, nata a Palermo. Ho iniziato, fin dalla primissima infanzia, a disegnare e dipingere. Amo la musica e faccio parte di un coro Gospel, gli “Holy Light Singer”, e un coro di musica Sacra, “Eliodoro Sollima”.

Ho Frequentato gli studi artistici a Palermo conseguendo il Diploma di “Maestro d’Arte” e il diploma di “Maturità’ d’Arte Applicata”. Ho iniziato gli studi, per alcuni anni, nella Facoltà di Architettura di Palermo, riscontrando particolare attitudine nelle materie di Disegno, Prospettiva, e Storia dell’Arte. Ho partecipato a numerose esposizioni Regionali, Nazionali ed Estere, ottenendo consensi di critica da Vittorio Sgarbi, il critico d’arte Paolo Levi, Josè Van Roy Dalì ( figlio di Salvator Dalì). Ho ricevuto il premio Pittorico “Città di Stoccolma” nel 2011 e ho poi partecipato con le mie opere a Hollywood, New York, Los Angeles, e al Carroussel du Louvre di Parigi con quadri dipinti ad olio, acquerello, acrilici o mescolando varie tecniche tra loro. I miei disegni e i dipinti sono prevalentemente figurativi e sacri. Ho svolto volontariato di Corsi di Pittura presso il centro Sociale di San Filippo Neri allo Zen di Palermo con i fanciulli a rischio del quartiere, e tutt’ora svolgo tale volontariato presso la Parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo a Palermo, con numerosi ragazzi del limitrofo quartiere del Borgo Vecchio. Ho realizzato numerose scenografie per l’Associazione musicale Madrigale per spettacoli per bambini e adulti dal 1996 al 2017. Ho organizzato e allestito mostre collettive con artisti affermati a Palermo. Attualmente gestisco corsi di disegno e tecniche pittoriche a ragazzi disabili e normodotati, presso l’Accademia dei Piccoli Talenti, sempre a Palermo. Sono maestra d’arte in disciplina pittorica, nei corsi che io stessa organizzo dal 1995 ad oggi, presso il mio laboratorio “Artes di Nicoletta Militello”, sito in via Luigi Settembrini, n 30 a Palermo.

 … chi è invece Nicoletta Donna della quotidianità? Cosa ci racconti di te della tua vita al di là del lavoro, dell’arte e della tua passione per la pittura e il canto?

Mi occupo della mia famiglia, di mia figlia e della mia mamma che vive da sola. Mi piace molto visitare musei, scoprire posti nuovi, mi piace osservare la natura e amo guardare il mare al tramonto e all’alba .Nel tempo libero mi occupo di volontariato nella parrocchia di Santi Pietro e Paolo Apostoli a Palermo come catechista e come Ministro Straordinario della Comunione.

Come è nata la tua passione per l’arte e per le arti visive in particolare?

La mia passione per l’arte è innata. Nella mia famiglia c’erano degli zii che disegnavano motivi floreali per i corredi delle ragazze del paese, a San Giovanni Gemini, vicino il più noto paese di Cammarata, in provincia di Agrigento. Penso di aver ereditato questa passione da loro. Da bambina ero sempre circondata da colori e matite con cui disegnavo e coloravo tutto. Disegnavo la mia famiglia, la campagna, i volti dei cartoni animati degli anni ‘70 e ‘80.

Qual è il tuo percorso professionale, esperienziale, accademico e artistico che hai seguito? Chi sono stati i tuoi maestri d’arte che ami ricordare? Se ci sono, parlaci di loro…

Ho frequentato gli studi artistici a Palermo, conseguendo il diploma di “maestro d’arte” e “maturità d’arte applicata”. Poi ho Iniziato a frequentare, per alcuni anni, la Facoltà di Architettura per perfezionarmi nel disegno tecnico, in prospettiva e storia dell‘arte. Durante il liceo i professori mi hanno trasmesso la passione per le materie artistiche. Ricordo la prof.ssa di Storia dell’ arte, Fiammetta Sciacca, il professore di disegno dal vero, Giuseppe Scozzola , la prof.ssa di italiano e storia, Irene Catalano. Alla facoltà di Architettura, i professori di riferimento, a cui mi sono ispirata, sono stati il prof.re di Disegno e rilievo Terranova,   la prof.ssa Quartararo. Sono stati anni intensi e complessi.

Come definiresti il tuo linguaggio artistico? C’è qualche artista al quale t’ispiri?

Il linguaggio che trasmetto, attraverso la mie opere, è la “forza del colore che plasma la forma”. La mia arte è un movimento interiore che attraversa la mia anima e si proietta sulla tela. Mentre dipingo, tutto il mio essere si trasforma. L’ intensità della creazione è tale che divento un tutt’uno con la tela. Il colore segue la forza della mia anima come un fiume in piena. La materia diventa scultura attraverso i pennelli, la spatola e le mani.

Tu hai sviluppato una tecnica personale che ritroviamo nelle tue opere. Ci racconti questo percorso, quali gli strumenti che utilizzi, i materiali per realizzare le tue opere di arte visiva? Insomma, raccontaci di questo tuo modo di creare e di fare arte.

La nascita di un’opera è un mistero! Tutto avviene nella mia mente in modo casuale, succede mentre faccio altro. All’improvviso arriva l’idea! Magari mentre passeggio, leggo, oppure durante le prove di canto. Ed ecco che arriva l’idea, in modo inaspettato! Anche di notte la mia mente inizia a vagare e visualizzare idee. Spesso non riesco a capire qual è il confine tra il sogno e la realtà. La mia attività onirica è immensa, colorata e spesso ho bisogno di dipingere i sogni che ho fatto la notte precedente. I miei quadri sono il frutto di esperimenti chimici, come in un laboratorio scientifico. Creo la base attraverso un accostamento casuale dei colori, come delle macchie, e poi inizio a disegnare il soggetto, oppure dipingo direttamente sulla tela. La mia arte diventa  tridimensionale. È un’arte che può essere toccata dall’osservatore, ed è per questo che la definisco materica e rivolta anche agli ipovedenti e ai ciechi, in sintesi, a tutti coloro che non ha la possibilità di vedere attraverso  gli occhi ma solo attraverso l’anima.

Quali sono secondo te le qualità, i talenti, le abilità che deve possedere un artista per essere definito tale? Chi è “Artista” oggi secondo te?

Il vero artista è colui che riesce ad anticipare i tempi. L’artista, attraverso la sua sensibilità, ha la capacità di scendere nel suo inconscio e di percepire il cambiamento. Riesce a capire, prima di tutti gli altri, i segnali della trasformazione della società e del mondo. L’artista intuisce il cambiamento e trova soluzioni attraverso le proprie opere, così come un Leonardo da Vinci, un Caravaggio, El Greco, Dalì, etc. Oggi ci sono tantissimi artisti talentuosi che hanno elaborato linguaggi artistici innovativi, anche da autodidatta. L’artista oggi è colui che riesce a trasmettere le proprie emozioni attraverso la tela, per riuscire ad emozionare lo spettatore di oggi, totalmente sommerso e fagocitato dai social e dai media, in un mondo tecnologico, che assorbe tutti i sensi.

Ci racconti un episodio bello e che ti ha fatto piacere che hai vissuto nella tua esperienza artistica e un episodio che ti è molto dispiaciuto?

Ci sono tanti episodi belli e brutti vissuti, ma tutti mi hanno aiutato a crescere e maturare. Un episodio che ricordo con gioia è il periodo del liceo, in cui il professore di Progettazione, il prof.re Minutoli, chiese alla classe di realizzare una maschera di carnevale. Io realizzai il volto di Pierrot, la maschera francese. Qualche giorno dopo, un pomeriggio, mentre facevo zapping davanti alla mia tv, vedo la mia maschera appesa in un salone dove si svolgeva un concorso di carnevale per bambini. Il prof.re Minutoli aveva usato la mia maschera come sfondo nel  suo spettacolo televisivo. L’episodio brutto, invece, avviene quando presentai un progetto per la valorizzazione di un monumento a Palermo, ma fui scartata perché non avevo nessuna raccomandazione. Tale fatto mi ha molto delusa e amareggiata. Ho sempre rifiutato le raccomandazioni e tutto ciò che ho realizzato è stato sempre frutto del mio talento e della mia tenacia, unita ad uno studio infinito sull’arte.

Cosa vuol dire per una Donna artista lavorare in Sicilia e a Palermo in particolare? Cosa vuol dire aver fatto una scelta di vivere del tuo lavoro di artista in questa isola bellissima ma che non sempre riesce a riconoscere i pregi dei suoi talenti e dei suoi artisti?

Amo la Sicilia, amo la mia città, Palermo. La Sicilia esprime la forza di una terra ricca di colori , suoni,  sapori; la sua cultura e le sue tradizioni sono fonti di ispirazione per noi artisti. Palermo è città contraddittoria, spinosa all’esterno e dolce all‘interno, paragonabile alla pianta del Fico d’India. È un crogiuolo di dominazioni: greci, fenici, arabi, normanni, francesi, spagnoli, tutti hanno lasciato un’impronta sull’isola e nel nostro inconscio collettivo. Sono fiera di essere nata a Palermo, ma sono fiera anche delle mie origini agrigentine. Con i miei genitori spesso andavamo a San Giovanni Gemini per trascorrere le vacanze estive. Qui, il tempo si fermava, ritornando ai tempi del Gattopardo, il film di Luchino Visconti a cui ho dedicato un opera omonima. A San Giovanni Gemini si rivive la passione della terra dei grandi feudatari. Distese immense di ulivi, vigne, e frutti di ogni genere, come il paradiso terrestre che avvolge la vista e l’olfatto. Vivere tra due mondi così diversi, la città e il paese, ha lasciato una forte impronta nel mio cuore. Dentro di me si susseguono due stati d’animo, uno tumultuoso e frenetico come una città, quella  di Palermo, e l’altro come un paese, calmo e tranquillo, come lo scorrere di un fiume dentro le insenature delle rocce. Questa dualità è essenziale per la mia arte, mi aiuta a leggere e interpretare la stessa realtà in modi diversi. Chiunque scelga di vivere nel mondo dell’arte, si ritrova un esercito di conoscenze che cerca di dissuadere l’artista . Esistono preconcetti tali, per cui l’artista viene considerato un poco di buono, oppure vive ai margini della sociètà. Ho dovuto lottare contro la mia famiglia quando hanno saputo che volevo seguire degli studi artistici. Dopo molti anni, e solo dopo aver constatato i risultati, la mia famiglia si ricreduta…

In Sicilia e a Palermo è difficile vivere d’arte, si è considerati pazzi o sognatori o visionari. Ma se non lottiamo per i nostri sogni a cosa serve la nostra esistenza? È una vita senza speranza, senza gioia. La nostra vita è breve e l’uomo non può vivere solo inseguendo un consumismo sfrenato idolatrando costantemente il dio denaro! L’uomo è la somma di tanti sogni che devono venire fuori attraverso i propri talenti.

Quali sono i punti di debolezza e quali quelli di forza in un lavoro come il tuo a Palermo?

I punti di debolezza e di forza è non arrendersi mai. Ci sono momenti brutti come in tutte le situazioni della vita, ma ci sono i momenti belli, gratificanti, che ti ripagano di tanta fatica. I miei punti di forza sono il colore e la mia creatività. Sono le mie sfide, la voglia di superare i limiti, di scoprire nuove sensazioni. Sentire la forza creatrice che vuole venir fuori da me stessa, ma soprattutto, la mia forza è Dio, la mia fede, l’Eucarestia, Gesù. I punti di debolezza che mi distruggono sono la mediocrità, l’ovvietà, il delirio di onnipotenza di tanti che mi ritrovo puntualmente intorno e che non amano l’arte, la  gente che distrugge i sogni, soprattutto quelli dei giovani .

Quale consiglio daresti alle ragazze siciliane che volessero intraprendere la tua professione? Secondo la tua esperienza, da cosa dovrebbero stare in guardia e quali invece gli aspetti positivi di una carriera come la tua da fare in Sicilia e a Palermo in particolare?

Il mio consiglio è di studiare, sperimentare, essere curiosi, guardare il mondo da più punti di vista, spostare le prospettive, non fossilizzarsi. Osservare in profondità la realtà anche quando è difficile da capire, non arrendersi mai!

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita artistica e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che hai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Devo ringraziare pubblicamente mio marito Guglielmo Grimaldi che mi ha sostenuta e ha creduto in me, da sempre. Un ringraziamento a Giuseppe Giglio e a Giuseppe Muratore, i quali mi hanno commissionato le mie prime due opere importanti. Ringrazio i parroci della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo Apostoli a Palermo, padre Pietro Maniscalco e padre Mario Golesano, per aver sostenuto la mia arte, e un grazie particolare a padre Giuseppe Calderone, che mi ha commissionato l’opera più grande che io abbia finora realizzato, sulla vita del beato Padre Pino Puglisi, esposta nella parrocchia di San Giovanni Bosco a Palermo. Infine ringrazio i miei corsisti di pittura, che in tutti questi anni hanno frequentato e frequentano tuttora i corsi del mio laboratorio con immensa stima e dedizione.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te? La bellezza nell’arte, nella pittura, nella scultura… nella vita!

La bellezza è soggettiva. Tutte le culture nel mondo hanno il loro concetto di bellezza, tutte diverse tra loro. Dal mio punto di vista, la bellezza si trova nelle proporzioni che creano armonia, l’armonia della sezione aurea che si trova in natura e in tutto il creato.

«C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente.» (René Magritte, 1898-1967). Cosa ne pensi di questa frase detta da Magritte? Nelle arti visive qual è, secondo te, il messaggio più incisivo? Quello che è visibile e di immediata comprensione oppure quello che, pur non essendo visibile, per associazione mentale e per meccanismi psicologici proiettivi scatena nell’osservatore emozioni imprevedibili e intense?

L ’arte, solitamente, trasmette due messaggi, uno per il presente e l’altro per preparare il futuro. Tutto ciò che ci circonda viene rivelato a metà e il compito dell‘artista è scoprire ciò che viene celato per metterlo in luce per i posteri.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

Sono d’accordo con quello che ha scritto di Giovanni Falcone, e cioè, che bisogna sempre pensare come affrontare il problema. Quando ci si pone un obbiettivo, siamo chiamati ad affrontare tutti i rischi che esso comporta. Il talento può aiutare molto, ma senza lo studio, l’approfondimento e la ricerca, difficilmente si arriva all’obbiettivo prefissato.

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua arte e nelle tue opere?

Mi ritrovo pienamente d’accordo con il pensiero descritto dalla scrittrice Anaïs Nin. Mi sento una fornace di passioni, di amori, di affetti, di creatività , visioni e sogni. L’arte è l’estasi della creazione erotica, indipendentemente da un soggetto sacro, o profano. L’opera è il frutto di un impeto erotico forte, travolgente. È come una relazione d’amore infinita, tra l’uomo e il colore. Un rapporto intimo e viscerale con la tela, i colori e i pennelli. Dipingere è la spinta vitale di un desiderio erotico. Il desiderio di far uscire dalla propria anima, sentimenti, ed emozioni  travolgenti, perennemente in conflitto. Il conflitto tra l’Io, il Super Io e l’Es, che trovano armonia nella creazione artistica.

Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Disse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi qualche anno fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.»(Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva sull’arte in generale?

L’arte esiste al di là dell’oggetto. L’artista può creare indipendentemente dall’oggetto visivo. L’artista è capace di immaginare mondi sconosciuti, elaborare linguaggi nuovi, rendere visibile l’invisibile e dare voce a ciò che non ha voce. Non esiste un linguaggio muto o immobile. Non esiste un’arte statica, tutto è in movimento, tutto si modifica agli occhi dell’osservatore, l’essere umano è mutevole, non è mai uguale a ieri, si trasforma come si trasforma la natura intorno a noi.

«Poi c’è l’equivoco tra creazione e creatività. L’artista è un creatore. E non è un creativo. Ci sono persone creative, simpaticissime anche, ma non è la stessa cosa. Comunque, questa cosa qui dei creativi e degli artisti, nasce nella fine egli anni Sessanta dove iniziano i galleristi ad essere creativi, poi arrivano i critici creativi, poi arrivano i direttori dei musei creativi… E quindi è una escalation che poi crea questi equivoci delle Biennali di Venezia che vengono fatte come se fosse un’opera del direttore. Lui si sente artista e fa la sua mostra a tema, invitando gli artisti a illustrare con le loro opere il suo tema, la sua problematica. Questo mi sembra pazzesco.»(Intervista a Canale 5 del 1994-95). Tu cosa ne pensi in proposito? Secondo te qual è la differenza tra essere un “artista creatore” – come dice de Dominicis – e un “artigiano replicante” che crede di essere un “artista”?

In tutte le mostre collettive e Biennali a cui ho partecipato, ho sempre incontrato galleristi preparati nel settore dell’arte. Solitamente un gallerista è un amante dell’arte e possiede un notevole gusto artistico. Allestire una mostra implica uno studio sulle opere, uno studio sulla vita dell’artista, sul suo percorso artistico ed il messaggio che vuole esprimere. Ci sono tanti pseudo artisti in giro, ma è il pubblico che decide chi è artista. Se il popolo si innamora di un artista, anche se le sue opere non sono tecnicamente perfette, diventeranno meravigliose agli occhi di tutti e questi, diventerà un artista affermato. La sensibilità del popolo vede oltre gli occhi del più esperto artista o critico d’arte o gallerista, perché osserva con il cuore, e coglie nell’opera dell’artista, il cuore con cui ha modellato o dipinto la sua opera.

«Ma, parliamo seriamente, a che serve la critica d’arte? Perché non si può lasciare in pace l’artista, a creare, se ne ha voglia, un mondo nuovo; oppure, se non ne ha, ad adombrare il mondo che già conosciamo e del quale, immagino, ciascuno di noi avrebbe uggia se l’Arte, col suo raffinato spirito di scelta e sensibile istinto di selezione, non lo purificasse per noi, per dir così, donandogli una passeggera perfezione? Perché l’artista dovrebbe essere infastidito dallo stridulo clamore della critica? Perché coloro che sono incapaci di creare pretendono di stimare il valore dell’opera creativa? Che ne sanno? Se l’opera di un uomo è di facile comprensione, la spiegazione diviene superflua… » (Oscar Wilde, “Il critico come artista”, Feltrinelli ed., 1995, p. 25). Cosa ne pensi delle parole che Oscar Wilde fa dire ad Ernest, uno dei due protagonisti insieme a Gilbert, nel dialogo di questa sua opera? Secondo te, nella arti in generale, e quindi anche nelle arti visive, serve il critico? E se il critico d’arte, come sostiene i personaggio id Oscar Wilde, non è capace di creare, come fa a capire qualcosa che non rientra nelle sue possibilità, nei suoi talenti, ma che può solamente limitarsi ad osservare come tutti gli esseri umani? Qual è da questa provocatoria prospettiva la tua posizione?

Il critico d’arte è colui che ha le competenze per valutare un opera . Sicuramente non ho mai avuto paura della critica. Vittorio Sgarbi, nelle Biennali in cui ho partecipato, mi ha valutata positivamente, mi considera un’artista sensibile e poliedrica. Molti critici d’arte affermati, a Palermo, mi considerano un artista talentuosa e visionaria.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

Ci sono tantissimi libri che amo, ma ne suggerisco quattro.

Il primo è “L’interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud; è un libro intenso, dove Freud analizza i sogni dei suoi pazienti in modo minuzioso. Anch’io mi sono ritrovata spesso ad analizzare i sogni mente leggevo questo libro.

“Innamoramento e amore” di Francesco Alberoni; è un libro dove si approfondisce e si descrive la nostra vita mentre siamo sommersi dal sentimento dell’amore.

“Lezioni Americane” di Italo Calvino. È un libro che parla di sei lezioni elaborate da Calvino sul modo di vivere moderno, sul nostro rapporto con il consumismo e tecnologia.

“Il nome della rosa” di Umberto Eco è un giallo ambientato nel medioevo, in un convento dove tutta la storia ruota intorno all’omicidio di un confratello.

… e tre film da vedere assolutamente? E perché secondo te proprio questi?

“Prendimi l’anima” di Roberto Faenza è un film che parla della vita di Carl Gustav Jung e la relazione amorosa con una paziente affetta di isteria.

“La ragazza con la pistola” di Mario Monicelli è un film ambientato nella Sicilia degli anni ‘50, in cui una ragazza del paese viene sedotta e abbandonata dall’uomo che ama. Lo ritrova a Londra, ma la protagonista, in questi anni, si è emancipata e decide lei, stavolta, di abbandonare l’amato.

“Storia di una ladra di libri” di Brian Percival. Il film parla di una bimba tedesca vissuta nel periodo della Seconda guerra mondiale. Scopre una libreria in una casa dell’alta borghesia a pochi chilometri dalla sua casa e così lei riesce a leggere i libri che ama, cercando di non farsi scoprire dai proprietari e sfuggire alle bombe della guerra .

“Il Paradiso per davvero” di Randall Wallace. Un bambino va in coma, dopo il morso di un animale, e si ritrova in Paradiso mentre i medici cercano di tenerlo in vita. Al suo risveglio racconterà molti particolari di ciò che ha visto alla famiglia, dando prova dell’esistenza dell’Aldilà.

Ci parli dei tuoi imminenti impegni professionali, dei tuoi lavori e delle tue opere in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata?

Attualmente sono impegnata con numerose collettive a Palermo e Provincia. Ho delle commissioni da realizzare, ritratti e paesaggi. In programma ci sono due corsi per bambini che inizieranno ad ottobre. Il primo corso è per i bambini ucraini rifugiati a Palermo e l’altro per una scuola privata.

Una domanda difficile: perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere? Prova a incuriosirli perché vadano nei portali online o vengano a trovarti nel tuo atelier per comprarne alcune.

La mia arte esprime gioia di vivere, ogni mia opera è un racconto nascosto che deve essere scoperto osservandolo bene. In ogni mio quadro c’è la connessione tra l’uomo e l’universo. È un viaggio nell’infinito e nell’anima dove ogni persona può rispecchiarsi per ritrovare sé stessa.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Possono seguirmi su Facebook, visitando la mia pagina Artes di Nicoletta Militello, o su Instagram e Telegram. Possono seguirmi anche sul sito di Google, cliccando su Artes di Nicoletta Militello.

Per concludere questa chiacchierata, cosa vuoi dire alle persone che leggeranno questa intervista?

Spero di avervi trasmesso un emozione attraverso il racconto della mia vita e della mia arte.

Grazie Andrea Giostra!

Nicoletta Militello

Nicoletta Militello

Andrea Giostra

Andrea Giostra
Andrea Giostra al mercato di Ballarò_Ph. Mapi Rizzo
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