L’odio corre veloce in rete ed è facile rendersene conto. Basta scorrere i commenti sotto ogni post sui social per notare frasi offensive, critiche distruttive e talvolta anche commenti di stampo razzista o sessista. Il destinatario di queste parole, in base al proprio passato o sensibilità interiore, potrebbe leggerle in modo superficiale oppure venirne colpito profondamente.
I discorsi d’odio (hate speech) risultano ancor più virulenti se espressi in rete, amplificati dall’eco dei social media. L’insulto è difficile da rimuovere, circola velocemente e si nutre della percezione di sicurezza che deriva dall’anonimato e dall’impunità di chi sta dietro uno schermo.
IL REPORT
Secondo un report di Save the Children del 2023, la Sicilia è la regione italiana nelle quali avvengono più casi di bullismo in rete, soprattutto tra i più giovani. Poco più del 16% dei ragazzi e delle ragazze siciliane intervistate hanno dichiarato di aver subìto almeno una volta episodi di questo genere. Una delle cause che maggiormente ha inciso sull’aumento del fenomeno, è stata certamente la pandemia da Covid-19. A causa del virus, infatti, molti ragazzini, anche al di sotto dei tredici anni, ha dovuto interfacciarsi con il mondo digitale, sia per motivi di studio che per alleviare l’insofferenza dell’isolamento.
Il bullismo online non fa disparità di genere. Al contrario, ad essere vittime o artefici del fenomeno sono più le ragazze, specie in età preadolescenziale, piuttosto che i ragazzi. Inoltre, secondo le stime dell’Istat, chi è vittima dell’odio online, nel 90% dei casi lo è anche nella vita reale. Questo dato è figlio di un forte disagio sociale, che si manifesta indistintamente nei due mondi: virtuale e reale.
Ma la piaga dei “leoni da tastiera” non riguarda solo i più giovani. La Commissione europea pubblica ogni anno i dati sulla percentuale di contenuti rimossi dai principali social network perché offensivi. L’Italia, non a caso, risulta essere tra i paesi con la più alta percentuale. Dei contenuti pubblicati su YouTube, X, Telegram e Reddit, più della metà aveva uno sfondo razzista, misogino, xenofobo o istigava alla violenza.
GLI ULTIMI EPISODI
È recentissimo il caso di cronaca che riguarda Giovanna Pedretti, la ristoratrice trovata morta nel fiume Lambro, in territorio lodigiano. Tra le ipotesi, si fa strada anche quella del suicidio, dopo che era stata messa in dubbio la veridicità della recensione in cui attaccava il commento di un cliente omofobo.
Ma senza andare troppo lontano, anche in Sicilia sono numerose le vittime dell’odio digitale.
Appena un mese fa si è tolto la vita Alberto Re, uno degli organizzatori di una manifestazione culturale ad Agrigento. Come dichiarato dalla figlia, a causa dello scarso successo dell’evento e soprattutto per le feroci critiche subìte sul web, ha compiuto l’estremo gesto.
Ancor più sconcertante, seppur in via di definitivo accertamento, il suicidio di un ragazzino 13enne a Palermo, che da qualche tempo subìva critiche, scherzi e prese in giro dai propri compagni di scuola. Gli inquirenti stanno analizzando le chat del pc e del cellulare del ragazzo, per definire meglio i contorni del cyberbullismo di cui era vittima.
COME TUTELARSI
Per arrestare o rallentare la spirale d’odio digitale, bisogna segnalare sempre i contenuti ritenuti offensivi, senza mai condividerli o promuoverne la diffusione. Se l’utente vuole rispondere a questo tipo di commenti, deve farlo proponendo in modo ragionevole una visione diversa del concetto e chiedendo di rispettare la propria opinione.
Se la violenza digitale prosegue, si consiglia allora di bloccare il canale di comunicazione con l’utente.
Se ci si trova in particolare difficoltà, specie per i più giovani, è sempre consigliabile rivolgersi ad un adulto. Mentre per gli utenti maggiorenni, il suggerimento è quello di confidarsi sempre con persone care per esprimere le proprie difficoltà o il disappunto per i commenti violenti subìti.